Pagina:Iucunda sane (Roma 1904).djvu/7

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devastando col ferro e col fuoco, recando per tutto desolazione e morte. Questa stessa Città, minacciata all’esterno dai nemici, all’interno provata dai flagelli della pestilenza, delle inondazioni, della fame, venne ridotta a sì miserevole stato, che non sapevasi come più oltre mantenere in vita, non pure i cittadini, ma le dense moltitudini che vi si rifuggivano. Vedevi uomini e donne d’ogni condizione, vescovi e sacerdoti recanti i vasi sacri salvati dalle rapine, monaci ed innocenti spose di Cristo, che con la fuga sottraevansi od alle spade nemiche od agli insulti brutali di uomini perduti. Gregorio stesso chiama la Chiesa di Roma: Vecchia nave gravemente sfasciata; perocchè vi penetrano d’ogni parte le onde, e le commessure, sbattute da giornaliera vigorosa procella, imputridiscono e prenunziano il naufragio1. Ma il nocchiero suscitato da Dio aveva mano potente, e posto al timone, non solo tra l’imperversare dei marosi seppe toccare il porto, ma francare la nave dalle tempeste avvenire.

Ed è cosa veramente ammirabile quant’egli ottenne nel poco più dei tredici anni del suo governo. Fu ristoratore dell’intera vita cristiana, eccitando la pietà dei fedeli, l’osservanza dei monaci, la disciplina del clero, la cura pastorale dei vescovi. Quale padre prudentissimo della famiglia di Cristo2, mantenne ed accrebbe i patrimonî della Chiesa e largamente sovvenne, secondo la necessità

  1. Registrum i, 4 ad Ioann. episcop. Constantinop.
  2. Ioann. Diac., Vita Greg. ii, 51.