Pagina:Jessie White La miseria di Napoli.djvu/37

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gl’ipogei. 23

in Italia, si dimise dall’officio. Così fece gl’interessi dell’avversario, lasciando incompiuta l’opera propria e molto desiderio di sè nel quartiere.

La storia delle dimissioni è, del resto, una singolarità di questa penisola. Un Anglo-Sassone non la può capire. Il Bright e il Cobden furono soli nel domandare alla Camera la revoca delle leggi sul grano, e non li rimeritarono che con derisione e con insulti i loro colleghi, con brickbats (selci) e con uova guaste il popolo. Ciò fece raddoppiare i loro sforzi, stettero eglino sulla breccia finchè vissero, ed il libero commercio è opera loro. «Speriamo, — mi disse il popolo di Porto, — che col nuovo Municipio ci ritorni il vecchio vice-sindaco. Lo speriamo anche noi, perchè continui l’opera cominciata, e porti la nettezza, che si principiava a vedere di fuori, anche dentro le abitazioni.

Io credo che una qualunque Commissione sanita ria ordinerebbe la distruzione di moltissimi dei fondaci di Napoli, o almeno decreterebbe che essi non debbano servire se non come magazzini di mercanzia e non di carne umana. Visitai parecchi sotterranei: per arrivare ad uno, passando per il Chiassuolo, fu difficile vincere il ribrezzo che mi assaliva per quattro dei cinque sensi, perchè il solo gusto non c’entrava. Ascesi, çol pericolo di cascare, la scala esterna di fango, e una dopo l’altra, entrai in tutte le stanze. C’erano sei piani, una media di sette stanze per piano, e la media di abitanti di varie famiglie era di otto. La pigione mensuale di ogni stanza variava da otto a quattordici lire; eppure scommetto che le mura in-