Pagina:Jessie White La miseria di Napoli.djvu/43

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gl’ipogei. 29

gnano di pettinarsi scambievolmente e di estirpare almeno porzione della famiglia che abita nelle loro teste, e mentre la pettinatrice sta in piedi e la pettinata seduta in terra, questa si occupa a sbucciare piselli e fagiuoli per il vicino mercato, e credo che colui, il quale ha assistito a questa operazione, preferisca di sbucciare da sè i proprii legumi.

La pigione di tutti questi bassi è sempre enorme, eppur nessuno costrinse ancora gli esosi padroni di casa di fornir gl’inquilini delle cose di elementare necessità per la decenza, e si può dire per la vita stessa.

E se alcuno di codesti bassi fu chiuso per ordine del Municipio, che il visitatore si dia la pena di verificare dove finirono gl’infelici cacciati. Spesso il Municipio ne chiuse per forza, ma gli abitanti sono gettati sul lastrico, e nove volte sopra dieci obbligati di rifugiarsi in un tugurio peggiore, ma non tanto in evidenza.

Termini la gita provvedendosi di qualche disinfettante, segnatamente per Vico Donna Regina vicino al banco Vittorio Emanuele, per Vico e Largo Madonna delle Grazie, per Vico Santa Luciella e pel Vicoletto Consolazione.

Giudicherà poi se questi luoghi immondi debbano portare nomi cotanto graziosi, che aggiungono la satira all’ingiuria.

Chiunque dopo avere esplorato i fondaci, dopo esser calato nei bassi, dopo essersi arrampicato sulle grotte, crede esaurito il povero delle miserie dei poveri di Napoli, s’inganna a partito. Deve invece