Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/227

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Una ricurva fante,
E vi cala la brocca che scancella,
Ne l’ima onda percossa,
L’imagine de ’l suo grinzo sembiante.
Ne ’l salone dorato,
Da i centenari specchi
Cadde l’argenteo strato, e ancor su i vecchi
Arazzi de la Fiandra,
A le pareti accanto
Danzan pastori e ninfe
Ne i tarlati boschetti,
E scendon benedetti i raggi estivi
Che a quegli occhi sbiaditi,
Qual per magico incanto
Rendon fulgidi e vivi
I raggi de gli amori impalliditi.

In un angolo oscuro
Una spinetta dorme,
E quando tutto tace ivi s’ascolta
Come un sospiro; è il vento
Che tra le corde freme?
O l’eco de le note che una volta
Con le melodi semplici
Di Pergolese, l’ava
Da lo snello strumento
Fanciulla ancor, destava?

Schiudetevi, cassette
Odorose de i mobili intarsiati,
Piene di fogli e nastri,
Di trapunti, di seriche borsette
D’ambra e zàgara, e veli scolorati.
È un’ora di memorie, ed in quest’ora
Per voi da un morto secolo
Un alito di vita esala ancora.
  . . . . . . . . . . . .


E poichè ho detto il nome di quell’impareggiabile Pierre Loti, mi vengono in mente questi altri