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164 viaggio al centro della terra

maggiore. Questi frammenti non erano a dir vero ossa umane, ma solo oggetti della sua industria, tibie, fémori d’animali fossili, striati regolarmente, per così dire scolpiti e che portavano l’impronta d’un lavoro umano.

Così, d’un balzo, l’uomo risaliva la scala del tempo di gran numero di secoli; esso precedeva il mastodonte; diveniva contemporaneo dell’elephas meridionalis; aveva centomila anni d’esistenza, che tal’è l’età attribuita dai più rinomati geologi al terreno pliocenico.

Tale era allora lo stato della scienza paleontologica, e ciò che noi ne conoscevamo bastava a spiegare la nostra attitudine innanzi all’ossario del mare Lidenbrock. Si comprenderà lo stupore e la gioia di mio zio, sopratutto quando venti passi più oltre, si trovò al cospetto, faccia a faccia per così dire, con un campione dell’uomo quaternario.

Era un corpo umano assolutamente riconoscibile. Forse un terreno di natura speciale, al par di quello del cimitero San Michele a Bordeaux, l’aveva così conservato per secoli? Non saprei dirlo. Ma questo cadavere, dalla pelle tesa e ridotta allo stato di cartapecora, dalle membra tuttavia morbide, – almeno a giudicarne dall’aspetto, – dai denti intatti, dalla capigliatura abbondante, dalle unghie delle mani e dei piedi spaventevolmente lunghe, appariva ai nostri occhi quale aveva vissuto, Io era muto in faccia a quella apparizione d’un’altra età; mio zio, di solito così loquace e parlatore così impetuoso, taceva anch’esso. Avevamo sollevato quel corpo, lo avevamo raddrizzato, ed esso ci guardava colle vuote occhiaie. Palpavamo il suo torso sonoro.

Dopo alcuni istanti di silenzio, lo zio fu vinto dal professore, e Otto Lidenbrock, trasportato dal suo temperamento, dimentico delle peripezie del nostro viaggio, del luogo in cui eravamo, dell’immensa caverna che ci circondava, credendosi senza dubbio allo Johanneaum, per far scuola ai suoi allievi, parlò con accento dottorale, volgendosi ad un uditorio immaginario, così:

«Signori, diss’egli, ho l’onore di presentarvi un uomo dell’epoca quaternaria. Grandi scienziati hanno negato la sua esistenza, altri non meno grandi l’hanno affermata. Se i San Tomasi della paleontologia fossero qui lo toccherebbero con mano e sarebbero pur costretti a riconoscere il loro errore. So bene che la scienza deve diffidare delle scoperte di siffatta natura, e non ignoro