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190 viaggio al centro della terra

contrariamente a tutte le previsioni, mio zio, l’Islandese ed io eravamo stesi a mezzo il fianco d’una montagna calcinata dagli ardori del sole che ci divorava co’ suoi raggi. Io non voleva credere a’ miei occhi, ma il bruciore del corpo non mi lasciava dubbio di sorta. Eravamo usciti seminudi dal cratere, e l’astro radioso, al quale non avevamo domandato nulla da due mesi, mostrandosi verso di noi prodigo di luce e di calore, ci versava a torrenti una splendida irradiazione.

Quando i miei occhi furono avvezzi a tale splendore, di cui avevano perduto l’abitudine, me ne servii a correggere gli errori della mia immaginazione. Io voleva essere allo Spitzberg per lo meno, ed ero disposto a non cedere virgola.

Il professore aveva preso la parola per il primo e disse:

«Infatti, ecco un panorama che non rassomiglia all’Islanda.

— Ma l’isola di Jean-Mayen? rispos’io.

— Nemmeno, giovinotto mio, questo non è certo un vulcano del nord colle sue colline di granito e una calotta di neve.

— Pure...

— Guarda, Axel, guarda.»

Sopra il nostro capo, a cinquecento piedi all’incirca, si apriva il cratere d’un vulcano dal quale sfuggiva ogni quarto d’ora, con uno scoppio rumoroso, un’alta colonna di fiamme miste a pietre pomici, a ceneri ed a la-ve. Sentivo le convulsioni della montagna che respirava alla maniera delle balene gettando ogni tanto il fuoco e l’aria dagli enormi sfiatatoi. Al di sotto, per una china rapida, gli strati di materie eruttive si stendevano alla profondità di sette a ottocento piedi, ciò che non dava al vulcano un’altezza totale di trecento tese. La sua base spariva in una vera cesta di alberi verdeggianti fra i quali distinguevo gli ulivi, i fichi e le viti cariche di grappoli vermigli.

Bisognava pure convenirne, non era punto l’aspetto delle regioni artiche. Lo sguardo, passata la cinta verdeggiante, giungeva rapidamente a perdersi nelle acque d’un mare ammirabile o di un lago, il quale faceva di questa terra incantata un’isola larga appena qualche lega. A levante si vedeva un piccolo porto preceduto da alcune case, nel quale si dondolavano ai capricci dei flutti