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Pagina:Kulmann - Saggi poetici.djvu/37

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o il signor Grossheinrich. Era sopra tutto in questo genere di composizione, in ch’ella poteva lasciar libero il campo al suo genio, che si ammira ad ogni passo la copia, la bellezza e la novità delle sue finzioni, e quella sua sorprendente pieghevolezza a conformarsi alle esigenze del tempi, de luoghi e delle persone che poneva ne’ suoi argomenti: imperocchè ella seppe con arte riempire delle sue proprie invenzioni i vuoti che avevano lasciati coloro che le aveano narrate.

III.º Ecco le sue traduzioni. Dal greco in russo e in versi, oltre le odi di Anacreonte già menzionate, alcuni idilli di Bione: in prosa alcuni frammenti di Eliano, di Senofonte e di Erodoto. Dall’italiano in russo e in versi la tragedia di Alfieri, il Saul, e alcuni squarci di Metastasio. Dal russo in tedesco e in versi, le quattro tragedie di Oserof, alcune odi di Lomonossof, alcune altre di Derjavin, dei frammenti scelti di Dmitrief, di Batiuschkoff e di Karamsin. Dall’italiano e in versi quattro tragedie di Alfieri. Dall’inglese molti squarci di Milton, dallo spagnuolo le favole d’Iriarte, dal portoghese trenta odi di Manoel, il tutto in versi. In italiano molte odi di Orazio e alcuni frammenti dell’Iliade. Senza annoverare abbozzi di componimenti, dopo la morte di lei trovati fra le sue carte. Ciò che v’ha di strano è, che quantunque versatissima nella letteratura francese, ella non abbia mai nulla tradotto da quella lingua, eccettuate dieci meditazioni di Lamartine, ed alcuni frammenti di Delille.

Ma quali furono le circostanze che influirono allo sviluppo del suo genio? Furono tali da secondare lo slancio delle sue facoltà, ovvero ad esser loro di ostacolo? La soluzione di simile problema è assai più difficile che non si crede in generale. La debolezza umana è sempre pronta a condannare al nulla qualunque potenza intellettuale, ogni qual volta questa si trova costretta a combattere l’avversa fortuna. «Non potrà resistere, è vicina a cedere,» dicesi tosto che si vegga condensarsi qualche nube intorno a quella. Perchè calunniare così la natura umana che disgraziatamente è per sè stessa di già troppo degna di compassione o di biasimo, senza accusarla per anco di debolezza, di servitù, di vanagloria in quelle qualità istesse che