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RAGIONAMENTO | 85 |
TAVOLA IV. B.
Il Passeri e dietro lui il Lanzi per la doppia ragione della provenienza e della impronta riconoscono per tudertine quelle monete ovali su cui v’ è scolpita la clava. Le nostre osservazioni convengono con le loro, e in quella clava abbiam già detto anche noi, nascondersi il nome . Ma la copia grande de’ nostri monumenti, e quindi la comodità nostra di moltiplicare i confronti, ci mettono in mano un terzo argomento dimostrativo di questa proprietà de’ tudertini. L’argomento consiste nel fatto della diminuzione del peso, per cui possiamo irrepugnabilmente conchiudere, che questi quadranti, sestanti ed oncie o sono tre monete tudertine, o sono romane; mercechè in tutta l’Italia tirrenica non abbiamo fuor di Roma e di Todi officina alcuna, la qual ne additi moneta di doppio peso. Roma qui non può entrare competitrice, perchè non sono le sue terre che nascondono questi tre bronzi, ma bensì quelle degli umbri, e più particolarmente quelle de’ tudertini, i quali anche vi hanno sopra il simbolo del proprio nome. Dunque rimanga pure Todi nel suo legitimo possesso.
Non perciò mai vorremo noi credere che l’officina urbana di Todi segnasse quelle tre monete. Una tale credenza avrebbe contrario il costume di quelle antiche genti, le quali non raddoppiarono mai né variarono la moneta propria nella forma che qui si vede: Todi non ebbe mai due diversi quadranti, né due sestanti, né due oncie. Crederemmo meno improbabile, che una piccola città, nata da Todi e a Todi vicina, avesse voluto anch’essa erigere una zecca, ma che la gelosia della metropoli, per non negarle in tutto la domanda, né in tutto concedergliela, ne stabilisse il metodo e il diritto come qui i monumenti ce lo palesano: la forma fosse ovale, l’impronta la sola clava senza epigrafe, il numero delle monete non andasse mai al di sopra del quadrante.
Ma i numeri 4. e 6. di questa Tavola, del primo de’ quali l’originale conservasi nel museo di Perugia, del secondo in questo medagliere, ci avvisano di altre varietà in questo genere, delle quali potrà dirsi con fondamento qualche cosa, quando i monumenti sieno in maggior numero. Rispetto ai num. 5. e 7. abbiamo esposto il nostro giudizio nella descrizione. Il disegno che ne dà l’Olivieri dimostra quel bronzo traforato in tutta la sua lunghezza: d’altronde non è molta l’affinità di quella forma né con la vera moneta quadrata né coll’ovale. Almeno converrà aspettare che altri bronzi somiglianti vengano in conferma della sentenza oliveriana.
La moneta del n. 8. è stata daprima illustrata dal dotto Professor Vermiglioli, il quale stimò di poterla attribuire all’antica Ereto città Sabina. Ne tenne di poi discorso l’illustre avvocato ed archeologo Gaetano De Minicis, che ha creduto poter essa appartenere alla sua Fermo. Ella è grande e sincera la