Pagina:L'aes grave del Museo Kircheriano.djvu/58

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42 PARTE SECONDA

Quando avessimo potuto serbare l’ordine cronologico nella publicazione di queste monete, avremmo trovata una maggiore facilità nell’illustrarle, e non saremmo costretti a tener discorso prima della copia, per poi trapassare all’originale. Roma fu forse l’ultima di origine tra le città latine, e per un lungo corso di tempo pare che nelle costumanze religiose, civili e militari non avesse alcuna cosa che dir non si potesse latina. Nell’allontanarsi da’ primi natali, venne provedendosi di ciò che trovava di meglio adattato a’ suoi bisogni e alle sue istituzioni tra gli etruschi e anche tra gli altri popoli, su cui stese le sue conquiste. Ma nel decorso di questo ragionamento vedremo, che Roma su la sua moneta non fece forse altro che ricopiare la moneta latina.

Il bifronte che è nel diritto degli assi romani non può meglio illustrarsi, che con gli altri bifronti che sono negli assi delle tavole VI. e VII. di questa prima classe, e in tutta la serie della tavola I. classe III. I due primi sono di città molto prossime a Roma, anzi forse di città latine : e l’ultimo è di Volterra città etrusca. Ecco in qual modo noi stimiamo che qui debbasi discorrere. Se fosse stato intendimento de’ latini e degli etruschi l’effigiare Giano ne’ due loro bifronti, e perchè in tanta vicinanza non s’accordarono a rappresentarlo nella medesima forma; ma gli uni gli cinsero il capo di diadema, gli altri gliel coprirono di pileo? E i romani che trovavansi nel mezzo tra gli etruschi e i latini, perchè non presero l’una delle due forme, ma ne foggiarono una terza facendolo barbato? Eppure in altre imagini non vediamo tra questi popoli così strane trasformazioni. Perciò con buona pace di colui che altrove ne ha parlato del Janus geminus, confesseremo d’ essere mal disposti a credere che il buon senso de’ latini, romani ed etruschi volesse con si bizzarra maniera effigiare il nume o l’eroe ch’ebbe impero su le rive del fiume etrusco e latino. E se nel Lazio e nell’Etruria, come in più altri luoghi d’ Italia e fuori, non furono altro mai que’ bifronti se non semplici simboli di due popoli o di due città insieme congiunte, il bifronte romano per nostro avviso non fu forse inventato ad altro fine, se non a quello di significare il primo collegamento de’ romani co’ sabini, dal quale Roma ebbe il vero essere di città e di nazione. Se non che Servio non vuole che restiamo incerti su questo fatto: egli positivamente ce lo dà per vero (Aen. Lib. XII. v. 147.) „ Ipse (Giano) faciendis foederibus praeest: nam postquam Romulus et T. Tatius in foedera convenerunt, Jano simulacrum duplicis frontis effectum est, quasi ad imaginem duorum populorum„.

Questa nuova nazione, acquistata coll’alleanza sabina quella forza e solidità che non avea, ne dimostra nel rimanente delle sue monete, che le sue divinità e la sua religione sono quelle medesime de’ latini. Quindi stampa l’imagine di Giove nel primo luogo che è il semisse; Minerva che dopo Giove ebbe qui sempre i primi onori, gli vien vicina nel triente; la forza, di cui Ercole è il nume e dalla quale la nuova città prese il nome, ha sua sede nel quadrante; il Mercurio, che fu o il primo iddio il primo con-