Pagina:L'asino d'oro.djvu/100

Da Wikisource.
84 dell'asino d'oro

fiere orse, marcite per lo star tanto tempo rinchiuse, e per lo gran caldo della state consumate, e per lo lungo giacere pervenute languide, assalite da una repentina pestilenzia, si ridussero quasi a niente, nè si vedeva altro per le piazze, che qualcuna di loro giacersi là oltre mezza morta: e la meschina gente, la quale, senza guardare quel che si sia, è costretta dalla inculta povertà e dal vuoto ventre cercare quelle vivande che non costan cosa del mondo, prendendolesi, se le mangiava. Laonde, occorsoci un buon consiglio, io e il mio Berbulo quivi pensammo questa trappola. Noi pigliammo una di quelle orse, la quale ci pareva più grande, e infingendo di volercela mangiare, ne la portammo al nostro alloggiamento; e scorticatala destramente, lasciando imperciò l’unghie, e il capo sino in sulle spalle bello e’ ntero, e netto la pelle da ogni carne, e rasola molto bene, ci spargemmo su della cenere, e poscia la mettemmo al sole a rasciugare; e mentre che le fiamme del celeste vapore ne la purgavano, noi ci mangiammo le sue polpe valentemente; e convenimmo fra noi con giuramento, che uno, non quello che di corpo solamente, ma di animo, superasse tutti gli altri, coprendosi con quella pelle, e mostrando di essere una di quelle orse, se ne entrasse in casa di Democrate, e così per l’opportuno silenzio della notte desse la via di entrarvi ancora a noi. Nè fur pochi quelli del nostro valorosissimo collegio, i quali s’offerissero a così magnifica impresa; tra i quali fu eletto Trasilione, come uomo da far faccende: il quale, espostosi al giuoco della futura macchina, con serena fronte entro a quella pelle, già fatta molle e trattabile, si nascose, posciachè noi con sottile ago ve lo avemmo cucito, e colle folte setole ricoperte le costure, ch’elle non si potevan vedere in modo alcuno; e al confino, dove era stata tagliata la gola dell’orsa, avevamo fatto entrare il capo del forte compagno, e datogli luogo donde e’ potesse spirare e vedere; e fattolo parere una bella bestia, comperammo con picciol pregio una buona gabbia, e den-