Pagina:L'astronomo Giuseppe Piazzi.djvu/74

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DIFFICOLTÀ DEL GRAN CERCHIO. 65

arnese la cui difficilissima esecuzione aveva siffattamente spaventato i più abili artefici, ch’era ormai giudicato impossibile ottenersi.


    impedita dai nostri crepuscoli; e che in fine da noi non si potrà mai distinguere l’ultimo suo termine, qualunque sia la forza e bontà dei telescopj, ma solo quello in cui essa luce è più forte e sensibile. Se noi dunque diremo, che il crepuscolo di Venere è non molto minore del nostro, che si fa giungere sino al 18°, non andremo forse molto lontani dal vero. E similmente è molto verosimile, che l’altezza e densità della sua atmosfera sia molto analoga alla densità ed altezza della nostra. Certamente gli strati, che riflettono la luce più forte, debbono essere almeno tre miglia distanti dalla superficie di Venere, ed insieme molto densi; locchè così essendo, potrebbe per avventura da ciò nascere, che in questo pianeta noi non possiamo distinguere alcuna di quelle tante ombre o varie tinte che pur vediamo nella Luna, e che col soccorso di buoni telescopj si dovrebbero similmente in esso vedere a cagione della sua vicinanza a noi. In Venere similmente non si osservano nè fascie nè striscie, siccome si vedono in Giove e Saturno; questo però il signor Schröter lo ripete non dalla densità dell’atmosfera, ma bensì dal lento moto di questo pianeta sul proprio asse rispetto al celerissimo di Giove e Saturno, che in essi vi cagiona quelle apparenze; e conferma questa sua opinione col periodo di 23h, 21' da lui dedotto dalle ineguaglianze delle punte del crescente, da lui osservato in varj tempi.
    Il Cassini ed il Bianchini tentarono di determinare il tempo che impiega Venere a compire una rivoluzione intorno al proprio asse: ciascuno partì dalle osservazioni di alcune macchie, le quali ad essi sembrò che non conservassero sempre lo stesso