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V.


Tutti gli anni donna Rachele faceva chiamare qualche donna del vicinato, per ajutare Annesa a preparare il pranzo dei poveri.

Quell’anno, però, Annesa disse che non voleva ajuto alcuno. Era già troppa la spesa del pranzo; una trentina di lire che ella diceva «buttate ai cani ed ai corvi».

Anche Paulu ogni anno protestava, e il giorno del «pranzo dei poveri» non tornava mai a casa per non arrabbiarsi nel veder sua madre affaticarsi tanto e abbassarsi a servire sei pezzenti miserabili.

Ma donna Rachele, con la sua santa pazienza, lasciava borbottare i «ragazzi» e aspettava quasi con ansia quel giorno per lei benedetto. Pensava:

— Gesù nostro Signore lavava i piedi ai poveri. Anch’io vorrei fare altrettanto coi poveri seduti alla mia mensa.

Da anni ed anni, forse anzi da secoli, una dama Decherchi compiva il sacro obbligo di servire con le sue mani «sei poveri modesti, di cui possibilmente fosse celata l’indigenza».