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l’edera 113


E donna Rachele s’era sempre opposta alla vendita della tanca gravata di quel canone, appunto perchè aveva cara la pietosa ingiunzione.

Così la tanca era rimasta l’ultima: ma ora bisognava rassegnarsi alla violenza inesorabile degli eventi. Pazienza. D’altronde Paulu non era tornato ancora, e l’ultima speranza di donna Rachele e dei nonni era riposta in lui.

— Basta, l’anno venturo sarò forse morta. Pensiamo a far bene il nostro dovere quest’anno, diceva la pia donna ad Annesa inquieta e nervosa.

Quasi tutti gli anni i sei «poveri modesti» che convenivano segretamente al pranzo, erano gli stessi. E nonostante il mistero che li circondava, buona parte degli abitanti di Barunei sapeva che in tal giorno e alla tale ora i sei tali mangiavano con forchette d’argento e serviti da una dama. Ogni anno la sera del pranzo il messo, che era mezzo matto, si divertiva a passare davanti alle case dei sei poveri, chiamandoli a nome, e rivolgendo loro qualche scherzo umiliante:

— Chircu Pira, vieni fuori! Dì, mangi anche stassera colla posata d’argento?

— Matteu Bette? Che ne dici, è meglio mangiar la minestra col cucchiaio d’argento o col cucchiaio di legno?

— Ti lecchi ancora le dita, Miale Caschitta?

La vigilia del pranzo zia Anna, la vecchia cugina di donna Rachele, si offrì per aiutare Annesa.

— Così vedrò di scegliermi uno sposo fra i vostri ricchi invitati, — disse scherzando.