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l’edera 145




VI.


Ella uscì nell’andito, ma non aprì subito.

— Annesa, apri, sono io, — disse Paulu, battendo di nuovo alla porta.

Ella dovette decidersi, anche per timore che donna Rachele o zio Cosimo Damianu s’alzassero per aprire. Chiuse l’uscio, ma poi ebbe paura che Paulu volesse attraversare la camera per andare in cucina, e rientrò, s’avvicinò al letto, sollevò la coperta...

Il vecchio, con la testa abbandonata sui cuscini, stringeva i pugni, e teneva gli occhi aperti, la bocca spalancata: il suo viso era rosso, d’un rossore lividognolo, e pareva ridesse sguajatamente.

Annesa, con l’idea fissa che la sua vittima respirasse ancora, fu maggiormente impressionata da quel viso colorito, da quella bocca aperta che lasciava scorgere quattro denti neri corrosi, da quegli occhi che riflettevano la fiammella del lume che ella teneva in mano, e parevano vivi, beffardi, ridenti...