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l’edera 215

l’aria intorno. Cerchiamo di guarirla. Anna, rispondi alla mia domanda: Credi tu più in Dio? Non rispondi? Ti ripeto: io non sono ora nè il tuo confessore nè il tuo giudice: sono il tuo medico.

— Non so, — rispose Annesa. — È vero; da molti e molti anni non credevo più in Dio, perchè troppe sventure cadevano sulla nostra famiglia, come fulmini sullo stesso albero... Troppo, troppo! E i miei benefattori sono gente onesta, timorosa di Dio. Perchè dunque il Signore li martoriava e continua a tormentarli tanto? In questi giorni, però, ho pensato a Dio... qualche volta: e ora penso che ella ha ragione, prete Virdis, ma io non sono malvagia come lei crede; io ho fatto del male a me stessa, è vero, ma l’ho fatto per... far del bene agli altri... E sono pronta ancora, le ripeto: mi dica che cosa devo fare. Devo accusarmi d’aver ucciso il vecchio? Son pronta. Dirò: lo odiavo e l’ho ucciso; legatemi, buttatemi nella reclusione nera come si butta una pietra in un pozzo, e che di me non si parli più. Ma mi crederanno?

— Non ti crederanno perchè questa non è la verità. Tu non devi parlare così, no, no! Questa non è la verità!

— Ah, — gridò allora Annesa, con voce aspra. — Qual’è dunque la verità? Che cosa si vuole da me? Me lo dica lei, prete Virdis.

— Sicuro, te lo dirò io. Ecco, tu devi parlare così: «Sono io sola la colpevole; io, io che ho ucciso non per odio, non per amore, ma per interesse. Io sono il serpente e la donna, e ho strisciato anni