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l’edera 35

come un otre. Mi sono umiliato, ho pregato, mi sono avvilito, io, sì, mi sono avvilito fino a pregare come un santo questo vecchio immondo, questo usuraio turpe e vigliacco... Niente! Egli mi ha chiesto la firma di Zua Decherchi... Poi andai da un proprietario nuorese, che mi guardò sorridendo e mi disse: «Ricordo quando tu eri nel seminario di Nuoro: eri un ragazzo che promettevi molto!» E mi mandò via senza i denari! Poi... Ma perchè ricordare queste cose? Ho subito tutte le umiliazioni, inutilmente; io, io, Paulu Decherchi, io... E ho dovuto chinare il capo come un mendicante.

Annesa chinò il capo, anche lei umiliata e avvilita.

— Non hanno più fiducia in te, — disse timidamente. — Zio Zua ti ha anche screditato, spargendo la voce che tu sei stato la causa della rovina della tua famiglia. Ma se andasse don Simone... forse... troverebbe i denari...

Paulu non la lasciò proseguire. Le strinse la mano con violenza e disse a voce alta:

— Anna, ti perdono perchè non sai quello che dici! Finchè vivrò io, nessun altro della mia famiglia dovrà abbassarsi...

Ella tacque ancora; cercò l’altra mano di Paulu, se la portò al viso, la baciò.

— Perchè... — mormorò, quasi parlando a quella mano ora inerte e fredda, — perchè... non cerchi ancora una volta di convincere zio Zua?

— È inutile, — egli rispose con voce accorata. Egli non farebbe che insultarmi ancora. Lo sai bene