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l’edera 47


stato alla guerra di Crimea, dove aveva perduto una gamba, propose ai Decherchi di prenderlo in casa. Avrebbe dato un tanto al mese, e poi avrebbe fatto testamento in favore di Rosa. Egli era vecchio, soffriva d’asma, aveva paura di venir derubato.

Paulu non amava il vecchio asmatico, al quale era spesso ricorso invano per farsi prestare denari; ma non si oppose a che egli venisse in casa. E ziu Zua venne e prese posto accanto ai due nonni, che usavano prendere il fresco seduti fuor della porta di strada, simili a due vecchi leoni vigilanti l’ingresso d’un palazzo incantato in rovina. La gente passava, ascoltava le discussioni e le chiacchiere dei tre vecchi e li chiamava «I tre re magi con cinque gambe».

Zio Zua ansava e parlava male dei «giovani d’oggi» alludendo a Paulu; don Simone ammetteva che il nipote s’era rovinato perchè non aveva mai avuto timor di Dio, ma zio Cosimu Damianu, con Rosa sulle ginocchia, stringeva le labbra e difendeva i «giovani d’oggi».

— Tutti siamo stati giovani ed abbiamo commesso i nostri errori. Il Signore disse: chi è senza peccato scagli la prima pietra...

— Per chi vuoi dire? — gridava il vecchio asmatico, tirando fuori dal petto velloso la medaglia al valor militare. — Guarda qui: la vedi o non la vedi questa medaglia? Guardati in essa come in uno specchio.

Don Simone fingeva di specchiarsi, si accomodava la berretta, poi diceva: