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Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/141

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est. 113

dall’ags. éast, ing. east, oriente, rappresentato negli altri dialetti ger. dall’aat. âstan, ôsten. tm. Osten, Ost (il quale ultimo è peraltro di formazione più recente), a. fris. oest, aest, fris. aest, east. Del rimanente l’aat. ôstan riposa sulla forma primitiva austa [anrd. austr], che nel campo idg. ha una vastissima corrispondenza. Difatti spettano qui il lit. auszta, auszra, auszriune, aurora, dea del mattino, a. sl. utro, serb. jutro, mattino, l. aurora per * ausôs-a (cfr. uro, ardere), gr. ηώς, aurora, eol. αὔως [da αὔσως], avv. αὔριον, domani, vb. αὔω, ardere; zend. usha, ushanh, sans. ushas, usras; tutte le quali forme si riconducono all’a. indeu. * ausôs dalla rad. us, splendere, ardere. Dal che si vede quel che potrà parere stranissimo cioè che est ha non solo lo stesso valore ma la stessa radice di aurora, come ha la stessa radice dei nomi oro, ustione, combustione! Di qui si formò anche Austria [aat. ôstarrîhhi, ôstarrîchi, mat. osterriche,1 anrd. austrriki, tm. Österreich, Östreich], composto dell’aat. ostar = tm. Osten, oriente, e dell’aat. rìhhi, richì, rìche, mat. riche, rich, tm. Reich, regno; quindi = regno dell’est. Questo nome proprio che nei sec. VI, VII VIII colla speciale forma di Austrasia designò quello che fu poi detto nel sec. IX regno di Lorena, ossia il paese fra la Mosa e il Reno; e che nei sec. IX e X significò qualche volta anche Germania [chiamata regno dei Franchi dell’est, per contrapposizione a quello dei Franchi dell’ovest che divenne poi la Francia moderna]; passò da ultimo a indicare il paese del Danubio che ancora oggidì porta quel nome, e che fu così chiamato perchè rispetto alla Germania era «il paese o regno dell’est», dopochè Ottone III nel 994 ne diede l’investitura alla valorosa casa dei Babenberg. V. anche Ostro e Ostrogoto.



  1. Questa forma s’incontra in Dante che l’usò in quei versi:

    Non fece al corso suo sì grosso velo
    Di verno la Danoja in Osterrich, ecc.
                                                           Inf. c. 32.


8.