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Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/357

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micca. 329


che si danno a Managold, cioè di “collo d’oro” " ovvero “molto potente”. Quanto al tempo dell’introduzione del vocabolo ger. in Italia, è chiaro che se in quel campo comparisce solo nel mat., non si può pensare ad una importazione longobarda, che richiederebbe l’esistenza anche del corrispondente aat. Bisogna dunque supporre che penetrasse in Lombardia solo dopo il 1000. Però siccome in quell’età è rarissima per non dire nulla l’introduzione di voci ger. di questo genere, e d’altra parte il non essere documentata non vuol dire assolutamente che non sia esistita anche prima del mat., possiamo anche congetturare, che realmente l’aat. la possedesse e che di là ci venisse mediante i Longobardi.

Micca, massa di roba morbida, minestra, pagnotta (Pataffio; Pulci, Morg.; dialetto lombardo). Si credette per un pezzo che questa voce non fosse che il l. mica, briciola, che si riprodusse nello stesso senso nell’it. mica e fr. mie. Ma ormai quasi tutti convengono che sia una voce d’orig. ger., e precisamente dei dialetti ger. della Fiandra e dell’Olanda. E le ragioni sono queste. Nel bl. troviamo spesse volte un mica, micca, micha, michea, michia in senso di “pane, pagnotta”. Ora da una parte è da considerare che queste voci del bl. si incontrano quasi sempre adoperate da scrittori che vivevano nella Francia settentrionale, in Inghilterra e nelle Fiandre. Così mica ricorre in una carta della chiesa di S. Laudo d’Angers e in un’altra del monastero di Marmoutier an. 1237; micca in una carta del monastero di Stablo (Brabante) all’anno 1483; micha in una carta inglese presso Spelmann: michea michia nel libro dell’ordine di S. Vittore in Parigi. Dall’altro canto bisogna anche tenere presente che l’ol. mik, a detta di Kiliaen e di Hasselt, vale “farina di segala”, e micke “pane di frumento”, e fiamm. micke mikken “pane di frumento”. Da questo è facile dedurre che gli scrittori sunnominati che vivevano o nelle Fiandre o in paesi ad esse vicini,