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l'ombra del passato 201


Ma due voci risuonarono nel viale.

Pampina, ma che cosa fuoi? — gridava la voce sottile della signorina in paglietta.

— Brutta impertinente, ma che cosa c’è? — gridava la voce sonora di Jusfin.

Adone guardò ancora. Vide l’ex-cacciatore frettarsi addosso a Caterina e afferrarla per le orecchie come una lepre. Senza la protezione della paglietta, Justin avrebbe bastonato la disgraziata.

E Maddalena si rimetteva la scarpetta: non parlava, non sembrava turbata: non sentiva il bisogno di giustificarsi.

È notte: una notte alquanto fresca e melanconica. Grandi nuvole bianchiccio passano dissolvendosi lentamente sul cielo d’un azzurro cupo.

Pare che il fondo del cielo sia quel velo pallido e mobile, sul quale s’allarghino e si restringano deformi nuvole turchine, qua e là trapuntate di stelle.

Un vento lieve, melanconico, scuote le cime degli alberi neri: i grandi fantasmi vegetali s’agitano, mormorano cose tristi. E Turco, abbaja, con insistenza. La sua voce lamentosa riempie la notte, e produce un’eco che sembra l’abbajare d’un altro cane; d’un cane lontano, il cui urlìo ha, come le nuvole, come gli alberi, come il vento, qualche cosa di triste e di misterioso. Che ha Turco, questa