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l'ombra del passato 21


Rassicurato, Adone riprese le sue domande. Egli aveva già passato il periodo dei perchè, si spiegava da sè molte cose, meglio del come gliele spiegavano gli altri. Ma le cose lontane, le cose che egli non aveva mai veduto e delle quali conosceva solo il nome, lo inquietavano, lo tenevano desto la notte e pensieroso il giorno.

— E le montagne, come sono? Come l’argine?

— Molto più alte.

— Mandano l’ombra sulla città?

— No, no: sono lontane, dalla città.

— La città è bella, non è vero?

— È bella, sì: ma si vive meglio in campagna. Io ho provato a vivere in città, ma poi sono scappato. Vi è tutto cattivo, tutto guasto o falsificato. Ho letto che ora falsificano persino le uova: le fanno a macchina.

Adone si fermò, spalancò gli occhi.

— Le uova? — gridò. — Come? Come? Dimmi come si fanno!

— Io non lo so davvero! Forse prenderanno i gusci vuoti e li riempiranno con qualche porcheria.

— Dio mio! — esclamò Adone; sospirò e rise, tanto l’idea delle uova false lo divertiva e lo interessava.