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330 l'ombra del passato


— Anche lei, anche lei! — egli pensava. — Tutti cercano il proprio bene: io soltanto sono uno stupido, un inetto.

E l’immagine respinta gli tornò al pensiero: sparvero il fazzoletto nero e la stuoja di giunco: sullo sfondo luminoso della fiamma riapparve la sciarpa color di tramonto, sorrisero gli occhi dolci che egli conosceva da tanto tempo, da tanto tempo! Ed egli questa volta non li respinse: provò di nuovo una dolce vertigine, un senso di oblio: ma a questa dolcezza seguì un dolore sottile. Egli si accorse della sua capacità di tradire, gli parve d’essere astuto, calcolatore, simile a quelli ch’egli considerava infinitamente inferiori a lui. Ma fu un momento: egli si accorse di soffrire e tornò a sperare in sè stesso. Non si accorse, però, che nella sua speranza, oramai, v’era più orgoglio che bontà.

Dopo cena i bimbi andarono a letto, e per un momento restarono soli in cucina la zia, Fiorina e Adone. Egli capiva che Tognina, la quale non cessava di guardarlo coi suoi occhi strani, voleva dirgli qualche cosa.

— Aiutami ad andar su, — ella disse alzandosi a stento. Egli la prese subito per il braccio, ma