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l'ombra del passato 55

di melica e di granoturco, biondi di frumento, circondati d’alberi e di viti. Dopo la morte di Giovanni, i due figli del Pirloccia lavoravano il vasto possedimento della zia. Adone non amava la compagnia di questi due giovanotti che lo vedevano di mal occhio e lo deridevano: specialmente Marco, il moro, quello che rassomigliava al Pirloccia, gli riusciva antipatico. L’altro, Agostino, era alto e svelto, ma d’una bruttezza straordinaria: il suo scialbo viso di albino, dagli occhi lattei, miopi, dalla bocca grande e i denti sergenti esprimeva tuttavia una certa bontà. Entrambi, non ancora ventenni, erano fidanzati con due belle ragazze. Fra loro, non andavano troppo d’accordo, anzi questionavano spesso: erano però due forti lavoratori, e non amavano Adone perchè lo ritenevano un ragazzo poltrone. Egli a sua volta li temeva e li scansava, e la sua antipatia si riversava anche su gli altri due figli del Pirloccia, che frequentavano assieme con lui la prima classe elementare.

La vita, così, in casa della piccola vedova, trascorreva più triste che allegra.

Il Pirloccia veniva spesso, occupandosi degli affari di Tognina: non raccontava più le sue storie di viaggio, e pareva non s’accorgesse affatto di Adone. Dopo la morte dello zio non si apparecchiava più la tavola: la vedova mangiava seduta davanti al camino. Adone la imitava volentieri, dividendo il suo pranzo col gatto.

Un giorno egli andò a lamentarsi con la mamma.