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l'ombra del passato 57


Qualche volta madre e figlio ricordavano le promesse dello zio.

— Ricordati quanto li ho detto quella sera! Sì, Pirloccia deve aver portato via le carte, quella notte, capisci, le carte nelle quali il tuo povero zio aveva scritto che tu eri il padrone di tutto. Come h fatto male, quella notte, a non restar là! Come ho fatto male! Ma chi poteva credere che Giovanni morisse così presto! Pazienza: meno male che la zia ti tiene con sè. Ella, certo, vorrà rimediare al mal fatto. Bisogna però che tu sii bravo, obbediente, docile.

E lo avvertiva di non ripetere a nessuno le loro conversazioni: ma ella stessa chiacchierava con tutti, e un giorno il Pirloccia la minacciò d’una querela.

Ella si spaventò, negò tutto. Allora l’ometto si rabbonì, le disse:

— Vedete, Martina, se io avessi fatto una simile cosa, sarei in migliori condizioni. Invece che cosa sono io? E i miei ragazzi? Tutti servi della Tognina, servi mal pagati e mal trattati. Ho conosciuto un uomo, in Croazia, un furbacchione d’uomo che aveva aiutato una sua parente a rubare i soldi d’un moribondo. Ebbene, cosa fece l’uomo? Si tenne tutto per sè. Ma era un furbacchione. Pirloccia, al contrario, è un uomo onesto: egli se ne infischia della roba altrui. Dite se ho ragione o no, Martina.

Egli sparlò della sorella: ella amava più le sue galline che i suoi parenti. La donna, allora, gli