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l'ombra del passato 61


— È tempo di finirla! - gridava-l’ometto, abitando il braccio. - Tu non rispetti neppure i vecchi. Ma se tua zia non è buona a correggerti, d’ora in avanti ci penserò io. Marcia a letto! Subito!

Adone stringeva a sè il gatto spaventato, e guardava la zia.

Obbedisci, — ella disse con insolita dolcezza. — Va a letto: è tardi.

Egli allora ricordò i consigli della mamma, e obbedì.

Egli ora dormiva su un canapè, nella camera della zia: una camera piuttosto piccola, con un grande camino sul quale stavano parecchi vasi di vetro pieni di conserve di frutta e di ciliege nell’alcool. Un letto di noce, coperto di cuscini di piume, occupava tutta la parete di fondo. Formava il lusso e la caratteristica di questa camera una dozzina di sedie di noce, con le spalliere ricurve e i fondi mobili, di stoffa verde e gialla. Queste sedie antiche, sulle quali la zia pretendeva che Adone non si sedesse neppure, esercitavano su lui un vero fascino. Egli le aveva sempre vedute lì, in quella camera austera e melanconica: e le conosceva una per una, perchè, sebbene apparentemente eguali, avevano qualche segno, qualche particolare che le distingueva l’una dall’altra; e gli piacevano tanto che egli amava figurarsi le sedie del palazzo Dargenti simili a quelle.

Appena acceso il lumino, invece di coricarsi, egli sollevò a metà il fondo d’una di queste sedie: poi fece altrettanto con un’altra: poi sedette e guardò