Pagina:La Cicceide legittima.djvu/16

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D. Ciccio tenta di farsi Gesuita.

xvi.
A
D. Ciccio non bene ancor compita

 La Pueril età, vel provvedere
     Alla salute sua, venne in pensiere
     4D’uscir dal Mondo, e farsi Gesuita.
Ma dal Rettor l’opinion udita,
     Tutti quei Padri vennero in parere
     Di non esaudir le sue preghiere,
     8E così l’esclusion fu stabilita.
Ei disse dunque: me non par che fia
     Per la pratica, ch’ho di questi affari,
     11Capace il putto della fava mia.
Poichè so molto ben, Padri miei cari,
     Che i C..... han da dare in compagnia;
     14Ma non in compagnia de’ nostri pari.


Per lo stesso Soggetto.
Al P. Rettor del Collegio.

xvii.
P
Adre Rettor, D. Ciccio è tanto amico

 D’ogni virtù, che rende ammirazione:
     Sobrius, castus, humilis, pudico,
     4E nato in somma per la Religione.
Quanto a l’ingegno poi, Padre, vi dico,
     Che non starebbe seco a paragone
     Se fosser quì ne l’un ne l’altro Pico,
     8Nè lo stesso Aristotel, nè Platone;
E pure io sento dir che risoluto
     Di non volerlo in compagnia de’ Padri
     11N’abbiate fatto un publico rifiuto.
Ma come esser può mai, che non vi quadri
     D’ammetterlo con essi? è pur dovuto
     14Anco a’ C ..... il titolo di Padre.