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da molti anni ha già conquistato il potere politico; come pure potrebbe dar lume il notare come da dieci anni nella stessa Inghilterra tutte le Chiese, senza distinzione di culto, hanno avuto le loro organizzazioni «Pro Suffragio femminile». Da un decennio i tempi erano maturi, e in tutti i campi v’erano uomini che intendevano come il dare questa nuova potenza alla donna non significava semplicemente aumentare il numero degli elettori, o compiere un atto di astratta giustizia, ma introdurre una vera nuova forza nella vita politica — una nuova passione che, senza perdersi nei piccoli conflitti di partito, si sarebbe indirizzata specialmente alla tutela dell’infanzia e della gioventù, alla purificazione del costume, a tutte quelle riforme insomma che non rappresentano altro che la più intima potenza della donna, la passione della maternità, elevata ed estesa a sentirsi e ad agire sulla scala sociale. È stata questa passione, Signori, la passione della madre resa semplicemente più grande e più impersonale, che ha conquistato per la donna in Inghilterra il potere politico: non è troppo dunque dire che esso rappresenta una forza nuova nella vita politica, e una forza eminentemente religiosa.

E qui sarà forse opportuno soffermarsi a parlare un pò estesamente della posizione giuridica in generale della donna inglese — tracciando brevemente la storia di quest’ultimo mezzo secolo nel quale, passo per passo, essa ha potuto rafforzare la sua posizione avanti alla legge fino a giungere a quella concessione più contrastata di ogni altra, la concessione del voto politico con tutto ciò che implica e implicherà.

Sarà forse già noto a molti che il primo grande paladino della causa femminile in Inghilterra fu John Stuart Mill, filosofo e sociologo, parecchie delle cui