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Intorno a un letto di dolore, letto nudo e duro, un’attesa trepida. Nel silenzio sacro e misterioso un primo vagito umano.

«Cos'è?» Domandano le voci sommesse, gli sguardi interrogativi ansiosamente. V’è indugio nella risposta. Poi debolmente si mormora senza gioia: «È una bambina.» E ancora oggi, a quest’annuncio, il volto del padre, dei nonni, spesso si oscura di contrarietà e nel cuore della madre il dolore si stringe al amore.

Così la donna nasce alla vita. E il suo angoscioso destino trascina da millenni.

Fin dalla creazione di Eva le prime parole bibliche già la considerano come una creatura di soggezione.

Presso gli Ebrei la madre novella era esclusa dal Santuario per quaranta giorni se aveva generato un maschio, per ottanta se aveva generato una femmina.

In india, il disprezzo gettato sulle femmine nascenti era una conseguenza della religione stessa che conferiva delle strane influenze alla venuta dei figli, i quali, come discendenti, concorrevano alla salute del defunto avo, a condurlo nel luogo di gioia. L’anima di lui errava