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vadendo dolcemente ma irresistibilmente tutti i posti dai quali i legislatori avevano voluto escluderla.

Il nuovo insorgere della donna contro certo passato non è, come può sembrare nel primo suo impeto, una ribellione contro l’uomo, ma una ribellione contro sè stessa. La donna si ribella contro i difetti nati e cresciuti in lei per la sua forzata incapacità, la sua sottomissione all’uomo. Per questa sottomissione, per il bisogno di piacergli e di parere umile, ella ha sopratutto sviluppato la sua frivolezza, la sua sottile e ambigua diplomazia, che è spesso dissimulazione, la sua civetteria, restringendo alle cose più vane e meno elevate il suo campo di attività e di competizione.

La celebre cortigiana Ninon de Lenclos confessa di aver foggiato la propria vita secondo ciò che la società offriva alla donna, perché nessun valore avevano per la sua felicità le qualità sue migliori le quali servivano solo a farla vittima più dolorante. Ella diceva infatti: «Je réfléchis dans mon enfance sur le partage inégale des qualités qu’on exige dans les hommes et dans les femmes. Je vis qu’on nous avait chargées de ce qu’il avait de plus frivole et que les hommes s’étaient reservé le droit aux qualités essentielles: dès ce moment je me fis homme». E Madame de Lambert, che si può considerare come la prima scrittrice ed educatrice veramente femminista, scriveva: «Lorsque les femmes se sont vues attaquées sur des amusements innocents, elles ont compris que, honte pour honte, il fallait choisir celle qui leur rendait davantage; et elle se sont livrées au plaisir».

Potrei continuare negli esempi che proverebbero come, attraverso il corso della vita morale della donna, tutte le convenzioni del passato a suo riguardo si siano sommate per reprimere in lei quanto vi poteva