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più nobili della specie per la lenta assimilazione, per il misterioso riconoscimento interiore di verità profonde ed eterne.

Siamo ancora nel periodo di transizione tra il vecchio concetto passatista della donna (ricordate: o «ménagère o cortigiana» di Proudhon) e il nuovo cammino ad essa aperto dall’evoluzione del pensiero moderno, ma io mi permetto di ritenere che ne abbiamo superato la fase più aspra ed ingrata. Oggi è accettato il concetto generale di nuovi diritti, di nuove dignità femminili. Il compito nostro è quello di meritare questi diritti, di dimostrare con le affermazioni fattive tutta la nostra dignità, affinchè possiamo meglio conquistare i mezzi che ci occorrono allo sviluppo intero della nostra personalità umana, affinché non più soltanto la donna d’eccezione sappia, a forza di dolorose tenacie, di sacrifici perseveranti, tenere alto il prestigio femminile, ma tutte le donne possano sollevarsi alla libera esplicazione dei loro valori. Per questo bisogna facilitare la via. Per facilitare la via bisogna educare. La donna, la madre in modo particolare, deve essere all’altezza di questo importantissimo, difficilissimo, nobilissimo compito. La madre dunque bisogna formare, la madre capace d’intendere tutta l’importanza sovrana del suo sacro ufficio.

Se noi volgiamo lo sguardo e al passato e al presente troviamo che la donna in ogni tempo, in ogni paese in ogni classe sociale, ha avuto sempre un riconoscimento: quello che le veniva dalla sua funzione di procreatrice dei figli, per la quale era considerata, rispettata, anche venerata nella tarda vecchiaia esperiente. La conquista di questo superiore rispetto viene raggiunta attraverso tutta una vita di dedizione, di sacrificio, di affermazione, e malgrado ciò, resta sol-