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68 m. a. loschi


chiaroveggenza, di abnegazione — che ci commuove profondamente, intimamente, — davanti a un piccolo essere che ci sorride e ci tende le braccia — facendoci intuire tutto il pregio e la bellezza della vita quando essa ha per iscopo — non false ambizioni, vane febbri di passione, vuoti ideali di ricchezza o di gloria — ma creature nostre da educare, da preparare con infinito amore all’esistenza — al dolore e alla gioia — alle lotte e forse alle vittorie.

Noi vediamo in queste fragili creature — il bimbo e l’uomo: sembra che la nostra vita debba sdoppiarsi per loro, e sentiamo l’irresistibile bisogno di dare qualche cosa di noi stesse — certamente la parte migliore. Noi sappiamo capirli, amarli, — diventare giovani per loro e con loro — anche quando gli anni e le sofferenze tessono già qualche filo d’argento fra i nostri capelli sappiamo seguirli anche quando l’uccellino apre le ali e vuol spiccare il volo — e siamo sempre pronte ad asciugare le loro lagrime, a curare le loro ferite, a ridare loro la gioia e la speranza.

Il fanciullo e l’uomo tornano a noi! e questa stessa poesia dolce e commovente che si trova nell’infanzia dell’uomo — noi la ritroviamo anche nell’infanzia dei popoli. Nell’una e nell’altra lo stesso bisogno d’idealità e di bontà — di purezza, di dedizione intera e di protezione.

Alla donna madre ed educatrice siano dunque riservate — senza limitazioni di sorta — la famiglia e la scuola. Bebel ha detto: «Là où se porterà la femme pour le grand mouvement social, là sera la victoire».

Non questa o quella classe elementare — ma tutto l’insegnamento primario sia affidato a noi! — Eppure quando 12 o 13 anni fa l'on. Leonardo Bianchi — al­-