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la donna e il lavoro 85


delle energie svegliate dalla guerra, delle capacità femminili da essa rivelate, han l’aria di ritenere implicitamente che le nuove correnti del pensiero e dell’azione femminile siano in diretto rapporto con l’umano cataclisma che sconvolge il mondo; dipendenti da esso; solo per esso sussistenti.

Nulla di più erroneo. La guerra è stata semplicemente la rivelatrice di forze preesistenti. Se noi osserviamo lo stato del lavoro nei tempi che hanno preceduto la guerra, ci accorgiamo che l’infiltrazione femminile era sensibilissima fin da allora e ci persuadiamo che il nuovo orientamento della donna non è uno di quei fatti che si abolisca con un decreto o si annienti con lo scherno e il disprezzo: è un’evoluzione storica neccessaria incoercibile, che può essere arginata in un’armonioso svolgimento, non distrutta.

Dalle cifre del censimento del 1911, che classifica la popolazione non solo per censo e per età, ma per professione e condizione, noi rileviamo che le categorie di lavoro da cui la donna era esclusa del tutto sono le seguenti: Cacciatori — guardacaccie — guardie campestri — servizio per l’estinzione degli incendi - carabinieri e armata. — Fra i mestieri manuali: muratotori — capimastri — pavimentatori — imbianchini e decoratori di stanze — copritetti — docciari e zingatori. — Non vi sono donne fra i lustrascarpe, e le donne non lavorano nelle saline marittime, nè alla produzione dell’acido solforico, nitrico e cloridrico, nè alla lavorazione di medaglie e monete; nè vi sono donne fra i veterinari — gli avvocati esercenti — i notai e gli ufficiali giudiziari.

L’esclusione da queste categorie si comprende facilmente. Esclusione dai lavori malsani, da uffici che comportano una responsabilità giuridica ed esclusione