Pagina:La Natura.djvu/221

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libro quarto 221

666In maggior folla dèsti, a uscir cominciano
Per foce angusta, raschian pur, s’intende,
L’empiuto varco de la bocca. È dunque
669Fuor d’ogni dubbio, che parole e voci
Son di corporei semi atti a far male.
Nè ignori già, quanto di corpo tolga,
672Quanto vigor sottragga a’ nervi umani
Un continuo parlar da la sorgente
Alba prodotto a tarda notte oscura,
675Specie se ad alte grida e’ sia profuso.
Corporea deve adunque esser la voce,
Se l’uom parte di sè, parlando, perde.
678L’aspra voce vien poi dagli aspri semi,
Vien da’ dolci del par la sua dolcezza:
Nè in simil forma i suoni entran gli orecchi,
681Quando con grave murmure profondo
Mugghia la tromba, e il barbaro paese
Destasi al rimbombar rauco del corno,
684E quando in flebil voce alzano i cigni
Da le torte convalli d’Elicona
L’armonïosa e lugubre querela.
     687Quando però da l’intimo del corpo
Queste voci esprimiamo, e drittamente
L’emettiam da la bocca, allor la mobile
690Lingua, dedalea di parole artefice,
Le articola; e de’ labbri anche la forma
Ne la loro pronunzia ha la sua parte.