Pagina:La coltivazione degli olivi.djvu/56

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libro secondo 45

410Tacer del Vespro alla marittim’ onda,
E ai misteri d’amor, Proteo dicea;
Esci fanciulla, e l’occhio disviando
Delle suore compagne, ai divi amplessi
Piacciati acconsentir del gran Nettuno.
415De’ tuoi begli occhi un Dio la forza ha giunto,
E qual già la Fenicia il trasformato
Giove raccolse, e a Tessalic’ onda
Tutta empiea d’ululati e di focosi
Sospir l’amfrisio Apollo, or questa piaggia
420Dal tuo poter condotto un nume alberga.
Esci, che molte udrai querele, e lagrime
Del marin Dio, cui discortese talamo
Offre il nudo terreno, e l’aere assidera;
Esci, o fra tutte avventurata Vergine,
425Che di vergine donna, e Dea vaticino
Esser dêi fatta, e sposa, e tu fra l’invide
Dive del ciel berrai l’ambrosia e il nettare.
Questi Proteo, dicea, vani presagi
Che il ver gli ascose il fato, o il ver non disse;
430E come Delia in ciel sorgendo, tutte
Avea quete le cose, e l’aure e il moto
Dell’acque, e degli augei, soletta venne
La verginella alle marittim’ onde,
E mentre al cor le discendea soave
435Delle sirene il canto, e de’ presagi