Pagina:La difesa della razza, n.1, Tumminelli, Roma 1938.djvu/48

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tiquait bien de prócédés tecbniques inconnues des Hébreux no- mades » (i). Ma il medesimo autore ricorda nello stesso tempo alcune delle regioni della Palestina, dove si conservò il semi-nomadismo ; il Sud. di Giuda (per es. I Samuele 25), la Transgiordania (Giudici, 5,16), il Moab (// Re, 3,4) ; e richiama poi fortemente l’attenzione sulla completa fusione avvenuta fra gli ebrei e i Cananesi, che l’autore chiama loro maestri in agricoltura (2); fusione della quale in realtà nulla sappiamo con precisione e che non ci deye tuttavia impressione, considerato il complesso di apporti che gli ebrei hanno subito nell’antichità senza per altro mai deviare minimamente da la loro precipua condotta di vita. La poca consistenza scientifica delle fonti ebraiche che servirebbero a dimostrazione dello sviluppo assunto dall’agricoltura nella civiltà ebraica, ci è dato anche da un frequente anacronismo che si rileva all’esame della terminologia tecnica dei testi.' Il Lods medesimo ci fa osservare che il testo del Decalogo quale oggi ci appare non può essere stato assolutamente redatto a l’epoca mosaica appunto per la presenza nel Decàlogo stesso di concetti agricoli che non potevano allora esistere, assolutamente estranei all’epoca, ma che appartengono sempre, secondo l’autore, al modo di parlare e di pensare del Deuteronomio (Vili sec.) o del Codice Sacerdotale (VI e V sec.) (3). E altrove dice : « un mot signifiant « pàturage » avait pris le sens de «demeure» (nàwe). Une contrée plantureuse était un « pays ruisselant de lait et de miei » : c’est l’ideal du nomade. Un paysan eùt dit « un pays de blé, de moùt et d’huile ». (4). D Untativi di cqImwuuuùqm ebtaica mU'ÌÙùom èfovàtica 1) In Russia, un tentativo di colonizzazione ebraica era stato già fatto dagli Czar col fissare un gran numero di famiglie israelite in una vasta zona agricola. Ma dopo appena cinque anni non esisteva più un’azienda in possesso di un ebreo: a poca a poco, senza che nessuno se ne accorgesse, avevano venduto, ceduto, ed infiltrandosi, erano tornati nei loro ambienti di vita commerciale. . Ma si potrebbe obiettare che date le restrizioni a cui gli ebrei erano allora sottoposti, la vita nei campi era per essi ancora meno facile, e che nulla in particolare, si sa delle effettive condizioni di vita loro offerte. ■ Più valore devono quindi avere i tentativi sovietici di colonizzazione, pervasi di un semitismo di cui nessuno può dubitare. In Russia, prima della Rivoluzione, l’agricoltura agli ebrei era interdetta anche per le difficoltà di acquisto della terra..Nel 1917, nella Rutenia Bianca vi erano su oltre 10.000 ettari circa duemila famiglie ebraiche non del tutto estranee all’agricoltura. Uno dei primi atti delle autorità sovietiche fu naturalmente la realizzazione del primo postulato del programma ebraico e cioè: il diritto di possedere la terra. Il Governo sovietico infatti non ha soltanto permesso ai piccoli mercanti e artigiani israeliti, stabiliti nelle campagne, di partecipare alla lottizzazione dei beni fondiari ex-privati, statali e ecclesiastici, ma ha spiegato inoltre una viva attività allo scopo di far Stabilire nelle campagne il proletariato ebraico abitante le città e le borgate e il cui numero era aumentato notevolmente in seguito al cambiamento improvviso della struttura economica, ciò che ha minato l’esistenza delle blandi masse ebraiche dedite fino allora principalmente-se non

  • srTi’sivamente alla vita commerciale.

Questo primo tentativo di colonizzazione ebraica da parte 4*He autorità sovietiche, favorito da tali condizioni economiche, raggiunge il suo culmine nel '23-25, ma subito decade e s’arresta. Fra le cause deirinsuccesso si deve porre innanzi tutto la inabilità degli ebrei ai lavori agricoli, ciò che fa sì che le loro aziende siano sempre a un livello inferiore. Ma il colpo mortale a questo primo tentativo fu dato dallo stesso governo sovietico che, secondo lo spirito del suo programma, cominciò a proteggere esclusivamente l’organizzazione delle collettività ebraiche, cessando di distribuire agli ebrei lotti di terra individuali e giungendo anzi a riunire in aziende socializzate le colonie ebraiche già organizzate. ^ Tale ultima misura ha provocato una reazione che si è tradotta neLriflaire, assai notevole deeli ebrei verso le città. 38 2). Ma di fronte all’insuccesso continuarono i tentativi di colonizzazione ebraica (5) con la imponente previsione di. passaggio ai campi di 16.000 famiglie israelite di cui 10.000 nella stessa Rutenia Bianca e il resto principalmente in Siberia- (a Barabidjan) e la destinazione a coltura di terreni fino allora incolti.. - Gli sforzi compiuti portarono nella Rutenia Bianca le famiglie ebraiche da 1964 che erano prima della rivoluzione — con 11 mila 800 ettari —, a 6505 nel 1924 (30.800 Ha.) a 9.303 nel 1929 (64.800 Ha.). Ma la colonizzazione ebraica fra il 1926 e il 29 procede sempre più lentamente e fra le maggiori difficoltà, e a un certo punto s’arresta del tutto. Eppure notevole è l’estensione delle terre arabili cedute agli ebrei a partire dal 26: le 1500 famiglie ebraiche stabilite in campagna tra il 27 e il 29 hanno ottenuto infatti circa 20.000 ha, la medesima estensione cioè destinata alle 6500 famiglie del periodo 1920-24. Nel 1924 una collettività ebraica raggiungeva in media 84 ha, nel 1926 già 130 ha. Ecco una prova delle migliori condizioni materiali offerte agli ebrei e che questi non accettano per la loro intima natura cosi spiccatamente antiterriera. . . Nell’ultimo decennio è una dispersione continua di ebrei dalle aziende che così si disgregano: il movimento-avviene in modo incessante, tacito e subdolo, senza ur. apparente perché'; mentre l'arruolamento degli ebrei nelle file dei lavoratori agricoli da difficile diviene impossibile* Lo stato attuale della colonizzazione ebraica nella-Rutenia Bianca e in genere in tutta la Russia permette di stabilire che il piano di fissare gli ebrei- alla terrà, dedicandoli ai lavori agricoli, non soltanto non potrà essere realizzato, ma è già anzi fin d’ora fallito per l’opposizione della popolazione ebraica medesima, per se stessa contraria alla vita rurale e disillusa dei risultati ottenuti con la finta liberazione che ha voluto tentare il regime sovietico. Forse quei pochi si illusero di trovare la « loro » ricchezza là dóve invece non c’era che il sano lavoro della terra ? Quanto. precede non è che un esempio, forse per la brevità del ciclo più comprensibile di quello palestinese. Citare la Palestina, l'opera iniziatavi dal K. K. L. (Keren Kayemeth. Leisraél, -che significa Fondo nazionale ebraico) coi suoi considerevoli acquisti di terre e le sue notevoli opere di industrializzazione agricola per dimostrare che l'ebreo ha come ogni individuo di altra razza un attaccamento alla sua terra, cioè alla terra di sua proprietà, che la lavora e l’ama, è quanto ci può essere di più errato. . In primo luogo troppi altri elementi intervengono in questo caso a rendere indimostrabile- a priori e fnverosimile una simile asserzione. In secondo luogo qui ci troviamo di fronte a tutte le caratteristiche dell’«affare» che sono la prima negazione dello spirito rurale. . Occorrerebbe infatti, se si volesse esaminare con maggióre attenzione il caso dei così detti agricoltori ebraici di Palestina, ripetere quelle osservazioni che vengono naturali leggendo antichi testi ebraici : che cioè agricoltura non è soltanto il commercio del vino o la...vendita di prodotti. ' . , • Sarebbe bene ' invece vedere chi .nel campo ebraico, sia esso in. Italia, in Palestina o dove si vuole, è l’effettivo lavoratore, non soltanto il proprietario, per meglio convincersi della completa assenza dì uno spirito rurale e di ogni attività agricola nella vita ebraica. CARLO MAGNINO Libero dottine ili Etnografi* tulli R, Università dì Roma (1) Adolphe Lods: Israel des origines au milieu du VU1 siècle. (BibjL L'évolution de l’Humaniti) p. 451. (2) Lods, op. cit. p. 467. (3) Lods, op. cit. p. 365. (4) Loos,_op. cit. p. 216. (5) Per mezzo delia organizzazione « Ozet ». Cfr. C Magnino: Gli ebrei e l'agricoltura: i vani tentativi di colonizzatone ebraica nell’unione sovietica, (in Riira, Roma, Gennaio 1931).