Pagina:La donna italiana descritta de scrittrici italiane, 1890.djvu/445

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Ho detto che la maestra deve rinunziare a tutto ciò che non é la scuola. E perchè? Qui m’è forza toccare un tasto molto delicato, ma avrò coraggio e dirò schiettamente la mia opinione. Io credo che la maestra, se davvero vuole elevarsi all’altezza del suo santo ministero, debba rimaner fanciulla, come rimangon fanciulle le suore di carità e le donzelle sacrate a Dio.

Sbaglio, un sommesso mormorio di protesta si fa strada fino a me? Sbaglio o molte delle mie belle uditrici meditano una vivace confutazione alla severità di questo mio principio ed evocano, trionfanti, il tipo molto più ideale che vero della maestra madre?

Ah! io m’inchinerei riverente alla sublime creatura che pure allattando, idoleggiando, ed educando i propri figli, trovasse modo, tempo, energia bastevole per fare da mamma ad altre quaranta o cinquanta creaturine irrequiete. Io vorrei baciar le mani alla donna miracolosa che durante le sei o sette ore di scuola non perdesse di vista i figliuoli che sono a casa, che s’accostano al fuoco, si spenzolano dalla finestra e che imparano dalla serva la retorica del mercato!

Ma — sento dirmi — non sempre i bimbi piccini, nell’assenza della madre, vengono affidati alla donna di servizio. Ci sono le nonne, le zie, le cugine, le pigionali! E sia. Ma mentre io mi rendo perfettamente ragione dei contratti e anche dei matrimoni per procura, non riesco a immaginare la procura della maternità.

La maestra madre! Ah, signore mie buone! Voi non le avete vedute venire a scuola, come le ho viste io, per otto anni di seguito, tante povere sposine col petto turgido di latte, con le guance smunte, con gli occhi rossi di pianto; voi non le avete udite dire singhiozzando alle direttrici e — ohimè — anche ai direttori scapoli: — Scusi il ritardo, la prego; il bambino è mezzo malato e inghiottisce il latte con difficoltà! — Voi non le avete udite far lezione con quel supremo spasimo nell’anima!

La maestra madre! Signore, io proporrei di farne un lascito ai poeti e a tutti i pedagogisti senza cattedra e senza cuore, che s’ispirano a tavolino, vivono a tavolino e moriranno, se Dio vuole, a tavolino!

Ma dunque la maestra dovrà vivere senza marito, senza figliuoli,