Pagina:La favorita del Mahdi.djvu/396

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— Una notte, come ti dissi, un prode arabo mi salvò la vita. Quell’arabo era bello, era forte e mi impressionò. Ci trovammo a Hossanieh ed egli mi amò. Ero sola, senza difesa, in un paese sollevato a rivolta; fra me e te ormai esisteva un abisso e lo amai. Ho commesso forse un delitto amando quell’arabo che espose la sua vita per salvare la mia? Ho commesso forse un delitto appoggiandomi a lui? Parla, Ahmed: se tu ti fossi trovato nella mia situazione, non avresti fatto altrettanto?

— No! No! Fathma! Tuo dovere era quello di scavare un abisso tra te e quel miserabile, di colmare quello che avevi scavato fra me e te e ritornare fra le mie braccia. Chissà... forse ti avrei perdonato.

— Non ne ebbi il coraggio. Mi facevi paura.

— E oggi?

— Oggi...

— Ebbene?

— Mi fai ribrezzo!

Ahmed emise un ruggito, un ruggito simile a quello che emette il leone quando è colpito a morte. Egli si avventò come un pazzo contro Fathma, se la serrò contro il petto facendole scricchiolar le ossa, la baciò, le morse furiosamente i neri e lunghi capelli ripetendo;

— Ti odio e ti amo immensamente.

Fathma, spaventata, cercò di sciogliersi da quella stretta e di sottrarsi a quei baci che le facevano l’effetto di tanti colpi di pugnale.

— No, no, gridò Ahmed delirante. Non mi fuggirai più, io ti amerò anche se tu non vorrai, io ti farò mia dovessi impiegare la forza.

Egli l’aveva abbrancata ancor più strettamente e la trascinava verso l’angareb. Fathma gettò un grido.

— Lasciami, Ahmed! Lasciami! gridò ella dibattendosi disperatamente.

Il Mahdi la guardò con occhi di fuoco.

— Sei mia! sei mia! le fischiò agli orecchi.

— Lasciami, lasciami! rispose Fathma mordendolo