Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/144

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confinata tra fatti e cose diverse, o diluita in riviste settimanali che illustravano gli avvenimenti del Giappone e degli Stati Uniti, o riferivano senza commenti, quando ne avevano il permesso dalla polizia, le notizie ufficiali del Regno e degli altri Stati d’Italia: questi ultimi nella rubrica "estero„. Di politica intema, cioè delle notizie politiche del Regno, i giornali non potevano parlare altrimenti, che riproducendo quelle pubblicate dal giornale ufficiale, anzi, secondo il suo proprio nome, Giornale del Regno delle Due Sicilie. Gaetano Galdi e Vincenzo de Cristofaro, direttori, il primo del Nomade e il secondo dell’Epoca, erano impiegati al ministero dell’interno; e Vincenzo Torelli, direttore dell’Omnibus, godeva la fiducia della revisione, ed erano perciò i soli autorizzati a riprodurre le notizie politiche dal foglio ufficiale. La revisione verificava sulle bozze se la riproduzione fosse letteralmente esatta. Una breve rivista commerciale registrava nei maggiori giornali il corso della rendita, la quale nel 1856 si elevò fino a 118 e mezzo, nonchè i prezzi degli olii, dei cereali e delle mandorle, soli prodotti che si negoziassero in Borsa. Una completa rivista commerciale era solo pubblicata dal Giornale del Commercio, che usciva il mercoledì e il sabato ed era diretto da don Benedetto Altamura, fratello di quel don Michele che collaborò, dopo il 1860, in giornali politici retrivi; e, poverissimo, finì correttore del Piccolo e della Nuova Patria, dopo essere stato direttore del Cattolico, che si stampava sotto la protezione del commissario Maddaloni. Altro foglio industriale e commerciale veniva fuori in francese, tre volte la settimana; lo fondò e diresse Carlo Palizzi e aveva per titolo l’Indicateur. V’erano indicati gli arrivi e le partenze dei viaggiatori, gli alberghi e gli appartamenti da appigionare, ed a queste notizie seguivano cenni molto sommarii sulle industrie e i commerci del Regno.

Solo su finire del 1858 gli articoli di politica estera cominciarono ad essere tenuti in maggior conto, e anche meglio scritti. Delle cose italiane si occupavano colla massima prudenza sì, ma con maggiore diffusione: però sulle cose di provincia s’indugiavano poco o nulla. La corrispondenza dalle provincie, come s’intende oggi, con tutte le volgarità, piccinerie e vanità e piccinerie inerenti, non esisteva. Solo delle città, che avevano