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Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/407

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popolazione di Sicilia, contenendo molti elementi arabi, potè acquistare più direttamente, nella poesia Medievale, questa maniera di sentimento e quella forma di versificazione, che aveva più attrattive per le orecchie di quei re, poeti essi stessi. Ebbe vivaci critiche, essendo l’opinione sua in opposizione con tutte le altre, che fanno derivare quella poesia dalla maniera dei trovatori provenzali, numerosi alla Corte di Palermo, Ma si fu giustamente benevoli col chierico Gioacchino Di Marzo, che traduceva dal latino il celebre Lessico topografico della Sicilia di Vito Amico, completandolo con annotazioni erudite ed opportune. Il Di Marzo aveva allora ventidue anni, e quella traduzione fu l’inizio della sua fortunata carriera scientifica, che lo rese tanto benemerito della cultura storica e archeologica della sua Isola.


Nel febbraio del 1857 la regina Maria Teresa si sgravò dell’ultimo figliuolo, al quale fu dato il nome di Gennaro e il titolo di conte di Caltagirone. Non è immaginabile la gioia ufficiale e pubblica, che invase quella caratteristica e popolosa città, per l’alto onore che volle concederle il re. Fu mandata a Napoli una deputazione per umiliare ai piedi del trono un indirizzo di ringraziamento. Era patrizio il cavaliere don Giacomo Crescimanno, il quale disse al decurionato: “Tutto quello che faremo sarà poco, misurato con l’immensurabilità del nostro affetto verso colui, che può dirsi padre piuttosto che Re„. Vi furono feste religiose e civili e atti di beneficenza che costarono al Comune tremila e cinquecento ducati, una vera follia adulatrice. La deputazione andò a Napoli, umiliò l’indirizzo ai piedi del trono e portò al marmocchio una reliquia miracolosa dell’apostolo San Giacomo maggiore, protettore della città. Ferdinando II accolse con compiacimento questo dono, che del resto non portò fortuna al principe, morto a dieci anni di colera, ad Albano Laziale. II re non ebbe altra degnazione che di far ringraziare anche con lettera il decurionato di Caltagirone! Il Crescimanno si aspettava chi sa che cosa, e restò comicamente deluso. Ma perchè la memoria di quanto si era compiuto non andasse obliata, venne ogni cosa raccolta in un grosso volume in folio, del quale fu prìncipal poeta e prosatore il professore Audilio, che tuttora vive. Il volume venne pubblicato dal Galatola a Ca-