Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/42

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La dimane, 7, tornò a Cosenza, che percorse senza scorte, nè battistrada, fra nuove e più calde acclamazioni. Salito sul palazzo dell’Intendenza, fu chiamato al balcone dalle grida popolari, e vi comparve. Dette larghe udienze, fece delle grazie, largì dei sussidii e assistette la sera alla grande illuminazione, mostrando di gradir molto un enorme trasparente, che rappresentava la Calabria in atto di fargli omaggio.


Il re ebbe in questo viaggio un contegno addirittura stravagante: fu più volte scortese senza necessità; capriccioso, mordace, caparbio e diffidente sempre; trovò facili pretesti per motteggiare sulle cose del 1848 e rimproverare in pubblico le autorità, ritenute sospette politicamente. Ne diè una prova a Cosenza, quando i giudici della Corte Criminale, in grande toga, con a capo il loro presidente Luigi Corapi, si recarono ad ossequiarlo. La Corte di Cosenza, specie il suo presidente, non erano nelle grazie del re, il quale attribuiva al Corapi la sentenza venuta fuori, proprio in quei giorni, con la quale era messo in libertà provvisoria Donato Morelli, imputato "di cospirazioni ed attentati all’oggetto di distruggere e cambiare il governo, ed eccitare gli abitanti del Regno ad armarsi contro l’autorità reale„. Appena i magistrati s’inchinarono, il re, con piglio severo, squadrò il Corapi e gli disse bruscamente: "Presidente Corapi, io non sono contento di voi„. Il Corapi fece un profondo inchino e nulla rispose; ma, tornato a casa, indossò l’abito nero e, ripresentatosi al Re, gli disse: "Dopo le parole di Vostra Maestà al presidente Corapi, questi non può che rassegnare, come fa, le sue dimissioni„. Ferdinando II fu scosso da tale atto di dignità; non trovò parole da rispondergli e solo ordinò a Scorza che fossero accolte le dimissioni, ma che si corrispondesse al Corapi l’intera pensione, che allora equivaleva all’intero stipendio. Il Corapi, che onorò la magistratura napoletana in tempi difficili, morì in tarda età, dopo il 1860. Era nonno materno del deputato Bruno Chimirri.

Nelle ore pomeridiane del giorno 8, il re lasciò Donnici e giunse verso sera a Rogliano. Le altre volte era stato ospite in casa Morelli, ma questa volta preferì l’incomodo alloggio nel convento dei Cappuccini, le cui umili celle erano state addobbate con mobili, requisiti presso la famiglia Morelli da un capi-