Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/485

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nome di quel calvo. Fu fatto allontanare anche Alfonso Ercolini, distinto signore, perchè si disse che al re non piacesse il suo portamento poco edificante in chiesa. Nella folla ruzzolò por terra un povero vecchio, uffiziale di presidio, e tanto vicino al re, che questi si chinò come se volesse rialzarlo. L’arcivescovo, non comprendendo il grave stato di Ferdinando II, si affaccendava a trarlo rapidamente al presbiterio, del che il duca di Calabria lo richiamò più volte, tirandolo per il piviale, e monsignor Ferrigno, indispettito, nè sapendo chi potesse essere così scortese con lui, gridò napolitanamente: “Guagliò, che buò? lasciame sta„;1 ma visto chi era, fece mille scuse. Monsignor Ferrigno, nativo di Napoli, era stato vescovo a Bova, in provincia di Reggio, ed è morto pochi anni or sono vecchissimo. Cantato il Te Deum, e ricevuta la benedizione, il re e tutto il seguito salirono sull’episcopio annesso alla chiesa, dov’era preparata una lauta refezione, e dove si compì il ricevimento delle autorità col relativo baciamano. Ferdinando II chiese all’arcivescovo notizie sui liberali di Brindisi, e specialmente su Giovanni Crudomonte; e monsignor Ferrigno lo assicurò che Brindisi era città tranquilla, e che il Crudomonte e gli altri non erano poi così nemici della dinastia, come gli si era fatto credere. Il sottointendente aveva chiamato, qualche giorno prima, Francesco Crudomonte, figliuolo di Giovanni, condannato a ventiquatr’anni dì ferri per i fatti del 1848, e chiuso nel bagno di Procida, e gli aveva ingiunto, per mezzo del commissario di polizia, di radersi la barba, simbolo, come già altrove si è detto, dì tendenze rivoluzionarie. Il re era sofferentissimo e, benché tutto avvolto nell’ampio mantello alla russa, tremava dal freddo. Dichiarò di non voler prendere cibo, e alle insistenze della regina e dell’arcivescovo, perchè mangiasse qualche cosa, prese un’ostrica, dì quelle gigantesche che si trovavano allora nel porto di Brindisi, la divise in quattro, e dicendo con molta cavalleria: “questa la mangio perch’è veramente brindisina„, ne inghiottì una parte soltanto. Gli altri pranzarono lautamente, ma in gran fretta, chi in piedi e chi seduto, e v’è chi afferma di aver visto il duca di Calabria mangiare un pollo dietro i vetri di una finestra. Egli si divertiva a motteggiare l’arcivescovo, che era rimasto in piviale e fece grandi lodi del pane di Brin-

  1. Ragazzo, che vuoi? Lasciami stare.