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Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/507

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fatale influenza, e ciò tanto più che l’arciduchessa Ranieri ha voce di essere abile ed astuta assai in maneggi ed intrighi politici.

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È dunque ben presumibile che al conte di Cavour, non ignaro dei sentimenti liberali, che animavano il conte di Siracusa, dei suoi rapporti intimi col Gropello, e molto più delle influenze dei personaggi del suo circolo, e in particolare di Giuseppe Fiorelli suo segretario e di Alfonso Casanova, non si offrisse mezzo più efficace, che quello di adoperare lo stesso conte non solo al fine di conoscere quanto di vero fosse nelle voci che correvano sull’alleanza, ma ancora di stornarne il disegno. E difatti il conte parti per Bari il giorno 10, insieme coi capitano Ayala, suo cavaliere di compagnia, e giunse colà alle 7 pomeridiane del giorno 11. Alloggiò al secondo piano del palazzo dell’Intendenza. Vide prima la regina, poi Ramaglia e Leone, che lo informarono di ogni cosa, e lo pregarono di non mostrarsi quella sera stessa al re per non allarmarlo. Occorreva anzi prevenirlo con qualche studio. Il conte di Siracusa lo vide quindi la mattina seguente; e si racconta che, scendendo le scale per recarsi nell’appartamento del re, ordinasse alla sentinella, posta sul pianerottolo, di non gridare il saluto militare. L’incontro dei due fratelli fu commovente, si disse. Si abbracciarono a lungo, e il re apparve a don Leopoldo più disfatto di quanto questi avesse immaginato. Parlarono, da soli a soli, parecchio tempo, ed il conte usci con gli occhi gonfi e visibilmente triste dalla camera del sovrano. Durante il giorno, visitò la basilica di San Niccola, il porto, il castello, il teatro, e fatta una corsa a Carbonara e a Ceglie, riparti la mattina del 18. Ma in quell’ultimo colloquio il conte di Siracusa potè parlare al re di politica e di alleanza?. . . Certo è che la lunga permanenza in Bari degli arciduchi Guglielmo e Ranieri, che i loro legami di parentela non riuscivano interamente a giustificare, accrebbero i sospetti anche del pubblico, che i principi imperiali avessero, la missione veramente di stringere un’alleanza offensiva e difensiva fra l’Austria e il re di Napoli. Gli avvenimenti comunque incalzavano; tutto lasciava credere che l’imperatore Napoleone sarebbe sceso, nella imminente primavera, alleato del Piemonte e della rivoluzione, a cacciar l’Austria dal Lombardo-Veneto; e la grave minaccia contribuiva a ribadire, specie nei