Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/252

Da Wikisource.

— 244 —

cercando di conciliare quel progetto con lo statuto piemontese, e con quello di Napoli del 1848; ma che il Re era ancora incerto circa l’opportunità di concederlo. Brenier confermò a Gamboa le sue dichiarazioni, non nascondendo che uno statuto di tipo non imperiale, concesso in quelle condizioni del Regno e di tutta Italia e accompagnato dall’amnistia, avrebbe potuto produrre gravi conseguenze, ma che il non darne alcuno sarebbe maggior pericolo.

Il giorno 6, era giunto Giacomo De Martino da Roma. Vide subito il Re, presente Carafa, e gli disse che il non aver voluto sentire i consigli della Francia e di Filangieri l’avevano condotto al punto in cui si trovava; che egli, un mese prima, quando venne a Napoli, era latore dei voleri della Francia, accettati da Cavour. La Francia, avrebbe detto De Martino, chiedeva riforme politiche e amministrative; voleva che il Re di Napoli occupasse le Marche e l’Umbria come armata italiana e nazionale, e non come birri del Papa, e in ricambio gli avrebbe garantita l’integrità dei suoi Stati; il Re, rifiutando, aveva sacrificato tutto ad una falsa politica austro-papale: ora essere troppo tardi, anche perchè il Papa era divenuto il più forte istrumento del partito legittimista in Francia, per cui dubitava dell’efficacia e sincerità di aiuti da parte dell’Imperatore: ad ogni modo si dichiarava pronto a partire. Cosi egli riferì di aver parlato al Re, ma è da credere, conoscendo l’uomo, che il suo linguaggio fosse stato meno esplicito e soprattutto men duro.


I borbonici più incorreggibili, i quali non ebbero mai per Filangieri alcun sentimento di benevolenza e neppure di giustizia, e non lo lasciarono immune da sospetti oltraggiosi e da inique calunnie, dissero e scrissero che il principe di Satriano aveva contribuito più di tutti a far perdere la Sicilia, perchè egli, salito al governo col nuovo Re, aveva come primo atto licenziato Cassisi, sostituendolo con Paolo Cumbo, sostituito alla sua volta, quando Filangieri si fu dimesso, dal principe di Comitini; perchè si era rifiutato di tornare nell’Isola coi pieni poteri, e perchè, infine, aveva proposto, in sua vece, il vecchio e incapace Lanza. Il rifiuto di andare in Sicilia era giustificato dal fatto, che il Filangieri si sentiva vecchio, con la moglie inferma e intendeva quanto i tempi fossero mutati. L’aver suggerito il Lanza, dopo