Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/110

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E si formarono così nuove fortune, che alla fine del Regno erano numerose, specie nelle Puglie e nella Campania, accresciute com’erano dal buon prezzo dei grani, delle lane, dei latticini, delle mandorle e degli olii di oliva, e soprattutto dalla tenuità delle imposte. Niente tasse sui consumi o sugli affari o sulle successioni; e le imposte, nei comuni, che non avevano beni proprii, limitate a pochissimi grani addizionali sulla fondiaria. Le tasse erano ristrette alla carta da bollo, a pochi balzelli doganali di entrata o di uscita, e alla fondiaria, regolata con un sistema, che il più facile e il più semplice non si saprebbe immaginare. Ferdinando II era inesorabile su questo punto, come si è veduto. Purchè non si pagasse, gl’importava poco che i piccoli comuni fossero addirittura letamai. Il nuovo ceto degli agricoltori era ricco di fede e di audacia, e dove riusci a trovar capitali a condizioni miti, prosperò veramente. Ceto benemerito, che serbò vivo il culto della pecora, l’ultima a morire delle industrie armentizie; migliorò l’agricoltura; cumulò i risparmii; educò i proprii figli e si venne incivilendo; ma quando, vinto dalla vanità, volle raggiungere ad un tratto un grado sociale superiore a quello di origine, dissipò spesso il frutto delle sue economie.


Parsimoniosa era la vita, e mancando le occasioni di spendere, si verificava a puntino il detto: essere più facile fare dallo scudo mille scudi, che dal niente fare lo scudo. C’era la passione o addirittura la mania del risparmio, molte volte, per diffidenza, tenuto senza frutto. Non vi erano casse per raccoglierlo e la rendita pubblica superava la pari. Mancando il capitale circolante, l’interesse dei mutui era alto, e la media non inferiore al dieci per cento con ipoteca. Chi dava il danaro all’otto, era segnato a dito come un filantropo. Il mutuo ipotecario veniva adoperato nei prestiti delle grosse somme. Le somme piccole eran date sopra semplici obbligazioni, dette boni, i quali non si registravano e spesso non erano scritti neanche su carta da bollo. Il far debiti si reputava vergognoso, e chi contraeva un mutuo con ipoteca, andava a stipularlo presso un notaro di altro paese, con l’illusione di mantenere il segreto. Dico illusione, perchè si sapeva del debito prima ancora che ne fosse rogato l’atto. Era una società semplice e senza segreti.

Bassi i salarli, proporzionati alla tenuità della vita, e bassa