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Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/159

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CAPITOLO VII


Sommario: La cospirazione liberale in Sicilia — Dimostrazione per la vittoria di Solferino — Incidente di Maniscalco al club dell’Unione — Il primo Comitato liberale — La tradizione rivoluzionaria di Palermo — Le squadre — Il tentativo insurrezionale di Giuseppe Campo nell’ottobre del 1859 — Rapporto di Castelcicala e nota del Re — I liberali e Maniscalco — Attentato di Farinella contro la sua vita — Particolari — Riorganizzazione del Comitato — Mazzini e Crispi da una parte, Giuseppe La Farina dall’altra — Enrico Benza a Palermo — Curioso rapporto di Castelcicala — I nobili entrano nella cospirazione — Il padre Ottavio Lanza — Il testamento del principe di Scordia e Butera — Si fa un Comitato unico — Il vecchio barone Pisani — Si provvedono fondi, fucili e bombe — I preparativi di Francesco Riso — L’inchiesta di Pisani juniore — L’opera della polizia — Si delibera d’insorgere il 4 aprile — Il piano dell’insurrezione — ’U zu Piddu Rantieri — Arresti e perquisizioni — Come la polizia scopri il complotto — Un verbale dell’ispettore Catti — La verità storica — Le precauzioni del governo.


Vera cospirazione politica organizzata non vi fu in Sicilia prima della morte di Ferdinando II. I conati di Garzilli e di Bentivegna, repressi nel sangue, non ebbero altro effetto che di accrescere il lievito di odio dei siciliani per il governo di Napoli. Se nel 1848 l’idea, che prevalse, fu l’indipendenza dell’Isola, gli orizzonti erano più larghi nel 1859. Si era formato il Regno dell’Italia del nord; la Toscana e l’Emilia si reggevano a dittatura, e i dittatori erano di fatto luogotenenti di Vittorio Emanuele; e gli uomini più eminenti, esuli del 1848, mandavano dall’esilio moniti e speranze. L’idea nazionale e il sentimento della grande patria riscaldavano il petto dei liberali siciliani, i quali nelle nuove condizioni politiche dell’Italia vedevano la garenzia del successo. La prima manifestazione liberale si