Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/165

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È inutile dire che Maniscalco ebbe congratulazioni da ogni parte; il Re gli concesse un’alta onorificenza e un aumento di assegno, e il suo potere crebbe tanto, che in Sicilia nessuno contava più di lui. Il suo carattere divenne più acre e più sarcastico. Mi narra Giambattista Marinuzzi, che salendo un giorno le scale dei ministeri, si trovò in mezzo a una folla di donne, che circondavano Maniscalco, il quale, salendo egli pure, riceveva suppliche che quelle donne gli porgevano, accompagnandole con augurii di lunga vita. Maniscalco, crollando il capo, rispondeva: “Non ci credo che voi preghiate Dio per me, lo pregherete piuttosto perchè mi faccia crepare„.

Anche negli ultimi tempi, quando la procella si addensava da ogni parte, egli serbò vivo il sentimento della gratitudine verso coloro ai quali doveva qualche cosa. Non molestò il dottor La Loggia, che sapeva liberalissimo, perchè gli aveva guarito il figlio; e allo stesso Marinuzzi, che sapeva liberale, rese un favore, che questi forse non si aspettava. Un fratello del Marinuzzi, giovanissimo, aveva tentato di rapire una ragazza in Partinico, nel momento che andava in chiesa per maritarsi. Maniscalco ne aveva ordinato l’arresto, ma presentatoglisi Giambattista Marinuzzi, fratello di Michele, avvocato di lui, lo consigliò di aggiustar tutto con la famiglia della ragazza, promettendogli che la cosa non avrebbe avuto seguito. E così fu. A Maniscalco si faceva risalire la responsabilità di ogni sopruso, e nella polizia di Palermo vi erano arnesi ben tristi, come in tutte le polizie dei governi assoluti e anche non assoluti: polizie, che non distinguono né sull’uso dei mezzi, ne sul valore morale delle persone.


Alla direzione del Comitato si aggiunsero Francesco Perrone-Paladini, Mariano Indelicato, Ignazio Federigo, Salvatore Perricone e Giuseppe Bruno, tutti borghesi. Bisognava riordinare le fila della cospirazione; riprendere le relazioni con quanti erano scampati alle ricerche della polizia; riunire in un sol fascio i liberali dell’Isola, e intendersela soprattutto con quelli di Messina, dov’era Giacomo Agresta, anima della cospirazione messinese, che aveva larghi rapporti con gli equipaggi di legni esteri, e riceveva giornali, stampe clandestine e libri, che mandava a Palermo per mezzo del corriere postale Carmine Agnese.

Sui cospiratori di Sicilia premevano due influenze diverse: