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Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/172

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tremila ducati. Francesco Camerata, fratello di Lorenzo, reduce da Malta, riferì che laggiù potevano aversi dugento fucili a sei ducati ciascuno, e che Mazzini ne offriva altri dugento. Ma le difficoltà del trasporto essendo quasi insuperabili, venne risoluto di comprarli nell’interno della Sicilia, in quei paesi dove si era riuscito a sottrarli nei frequenti disarmi. La polvere fu data da Andrea Rammacca, che la faceva lavorare clandestinamente in una sua fabbrica, chiusa dopo il disarmo, e da tal Faja; il piombo fu fornito dal Briuccia, negoziante di ferramenta; e le bombe, sul modello lasciato dal Crispi, vennero fabbricate da uno svizzero, di nome Chentrens, il quale aveva una piccola fonderia di ferro a porta di Termini. Ecco tutti gli apparecchi per insorgere.


Il Comitato aveva bisogno di proseliti influenti nel ceto popolare e bisognava, per quanto era possibile, non aver contatti con la mafia. Alla fine di febbraio, avevano aderito al Comitato due giovani animosi: uno, maestro fontaniere, di nome Francesco Riso e l’altro, sensale di animali bovini, chiamato Salvatore La Placa. Entrambi, ben provvisti del loro, avevano nelle rispettive classi larghe aderenze e simpatie. Riso era un bel giovane, vivacissimo, intelligente e non aveva legami compromettenti coi bassi fondi sociali. Di vanità sconfinata, decise di entrare nel movimento, quando ebbe la prova materiale che ne facevano parte i signori, e ne volle conoscere alcuni. Ebbe tremila ducati e facoltà di raccogliere uomini e armi. Egli abitava nelle vicinanze del convento della Gancia, e lì aveva la sua bottega. Per riporre le armi e poi nascondervi gli uomini, che dovevano insorgere, prese in fitto una casetta in via della Zecca e vi mandò ad abitare una sua amante; poi prese anche in fitto un magazzino in via Magione. Questo magazzino era diviso in due parti; nella prima lavorava da falegname una persona di fiducia del Riso, e nella retrobottega fu subito costituito un deposito d’armi e munizioni. Infine, un terzo magazzino fu da lui appigionato addirittura nel convento, dalla parte detta di Terra Santa, dando a credere al guardiano che gli servisse per deposito dei materiali necessari al suo mestiere. Un quarto deposito d’armi esisteva poi, fin dall’anno innanzi, per opera di Rosario ed Agata d’Ondes Reggio, nei giardini fra Monreale e Palermo, e nelle campagne di Misilmeri, Torretta e Carini.