Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/195

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due giorni di ricerca mi fu apprestata da un tale Palumbo di Trapani, studente di medicina allora in Palermo. Avuta la pistola con le solite precauzioni e con molto terrore e spavento, perchè eravi lo stato d’assedio e si correva pericolo della fucilazione, la consegnai al Riso, che a cagione dello sfinimento delle sue forze non era in grado di adoprarla, e la pistola ritornò allo studente Palumbo„.

Il Chiarenza, che ha serbato un vero culto per la memoria del Riso, e di tutto informò in quei giorni il suo amico Rocco Ricci Gramitto, col quale abitava, fa anche un’osservazione non priva di verosimiglianza. Egli dice: “Non credo che Francesco Riso abbia rivelata la cospirazione, ma bisogna conoscere, che ebbe le febbri di assalimento per cagione delle varie ferite ricevute, e perciò la testa non era sempre a posto. Io per verità non so nulla di preciso, ma il mio forte dubbio sta in questo: che o fu sedotto da Maniscalco nelle varie volte che veniva all’ospedale, promettendogli di liberare il padre, mentre il padre era fucilato; o che Maniscalco profittasse dei momenti di delirio febbrile dell’infermo, per sapere qualche cosa, tanto ripugna che il Riso, il quale mori il 27 aprile, abbia rivelato cospirazione e complici„.

E ricostruendo, dopo tanti anni, questi fatti e circostanze, si può dedurne che Francesco Riso, ferito a morte, non era del tutto padrone di sè; che, credendosi abbandonato dai membri del Comitato, ma soprattutto dai signori, volesse vendicarsi di loro, e in ispecie di Casimiro Pisani juniore, al quale non aveva perdonata l’inchiesta e una risposta piuttosto sprezzante, fattagli la sera del 3 aprile, quando egli, Riso, aveva chiesto se si sarebbe chiuso anche lui, Pisani, nella Gancia; e che infine, amantissimo di suo padre, infermo e innocente, non avesse resistito al desiderio di salvarlo. L’ira, onde fu preso, quando seppe dal Chiarenza che il padre era stato fucilato fin dal 14, tre giorni prima della fatale deposizione, — ira che accelerò la morte — spiega non solo l’immensa sua pietà filiale, ma il proposito di vendicarsi di colui, che l’aveva così iniquamente ingannato. Riso potè avere delle attenuanti, e in ogni caso non fu un traditore obbrobrioso, ma piuttosto una vittima. Le sue rivelazioni, dopo tutto, non costarono la vita a nessuno. Rimane poi escluso in maniera assoluta, che il Camerata Scovazzo inventasse lui tutta intera la deposizione di Riso, perchè il Camerata era ignaro