Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/292

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tricolori. Si affermò che, in quell’occasione, parecchi facinorosi gli scroccassero delle somme, per calmare, dicevano, gli spiriti inaspriti, e forse fa questa non l’ultima causa che determinò la sua partenza. Andò in Andria, sua patria, e non tornò in Lucera che nel settembre del 1865 e vi mori il 21 agosto del 1871. Il vescovo Prascolla, spirito battagliero, fu condannato dalla Corte di assise di Foggia, il 30 settembre 1862, a due anni di carcere e a lire 4500 di multa, insieme al canonico penitenziere don Vincenzo Chiulli, per avere entrambi pubblicato scritti provocanti disubbidienza alle leggi dello Stato. Per grazia sovrana, la pena fu commutata in un anno di esilio, che scontò a Como. L’arcivescovo di Matera e Acerenza, monsignor Rossini, fuggì da Matera, dopo la ribellione dei seminaristi che lo detestavano. Fra i più vivaci ribelli all’autorità dell’arcivescovo, era stato il seminarista Michele Torraca, oggi deputato. I vescovi, rimasti nelle diocesi, furono ben pochi e incorsero poi, ingiustamente, nelle ire di Roma. Oltre al seminario di Matera, erano focolari di cospirazione unitaria quelli di Molfetta e di Conversano; ma il vescovo di Molfetta, monsignor Guida, non era nè carne nè pesce in politica, e fu tra quelli che lasciarono la sede per timori immaginarli; mentre monsignor Mucedola era adorato dai suoi seminaristi, dalle cui fila erano usciti, da poco tempo, due giovani di grande valore e a lui carissimi, Pietro de Bellis, che poi fu preside e provveditore agli studii, e Domenico Morea, il lodato autore del Chartularium Cupersanense.

Fra i pochi vescovi, che non abbandonarono la diocesi in quei giorni, furono quelli di Trani e di Conversano. Don Giuseppe Bianchi Dottula, vescovo di Trani, era un signore di nascita e di maniere, di limitata capacità, ma pio e caritatevole e non aveva nemici. Di famiglia devotissima ai Borboni, dopo l’attentato di Agesilao Milano, indisse una processione straordinaria, in ringraziamento di essere stata preservata la vita del Re, e invitò alla processione, che doveva aver luogo il 20 dicembre di quell’anno il sindaco, i decurioni di Trani e altre autorità. Fece girare la lettera tra i decurioni, con invito di apporvi la firma a margine, ma salvo quattro di essi, tutti gli altri si dichiararono impediti o indisposti. Trani fu sempre città liberale nella sua gran maggioranza, anzi frondista più che liberale, veramente. Lo stesso arcivescovo aveva fatto celebrare