Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/313

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come forse sarebbe stato conveniente. Ma, giudicata oggi con imparzialità storica, la condotta di questo principe, il quale, protetto dalla squadra piemontese, dava, nell’ora del pericolo, il calcio dell’asino a suo nipote, fu assai volgare, per non bollarla con più aspra parola. E a compiere l’opera gloriosa, don Leopoldo, se- guendo il consiglio di Persano e di Cavour, il quale, si disse, gli avesse fatta offrire la luogotenenza di Toscana, il 24 agosto inviò al Re questa lettera: documento degno di essere ricordato, per mostrare il lacrimevole spettacolo, che offrivano i Borboni di Napoli in quel momento supremo!


Sire,

Se la mia voce si levò un giorno a scongiurare i pericoli che sovrastavano la Nostra Casa, e non fu ascoltata, fate ora che presaga di maggiori sventure trovi adito nel vostro cuore, e non sia respinta da improvvido e più funesto consiglio. Le mutate condizioni d’Italia, ed il sentimento della unità nazionale, fatto gigante nei pochi mesi che seguirono la caduta di Palermo, tolsero al governo di V. M. quella forza onde si reggono gli Stati, e rendettero impossibile la Lega col Piemonte. Le popolazioni della Italia superiore, inorridite alla nuova delle stragi di Sicilia, respinsero co’ loro voti gli ambasciatori di Napoli, e noi fummo dolorosamente abbandonati alla sorte delle armi, soli, privati di alleanze, ed in preda al sentimento delle moltitudini, che da tutti i luoghi d’Italia si sollevarono al grido di esterminio lanciato contro la Nostra Casa, fatta segno alla universale riprovazione. Ed intanto la guerra civile, che già invade le Provincie del continente, travolgerà seco la dinastia in quella suprema rovina, che le inique arti di consiglieri perversi hanno da lunga mano preparata alla discendenza di Carlo III Borbone; il sangue cittadino, inutilmente sparso, inonderà ancora le mille città del Reame, e voi, un dì speranza e amore dei popoli, sarete riguardato con orrore, unica cagione di una guerra fratricida.

Sire, salvate, che ancora ne siete in tempo, salvate la Nostra Casa dalle maledizioni di tutta l’Italia! Seguite il nobile esempio della Regale Congiunta di Parma, che allo irrompere della guerra civile sciolse i sudditi dalla obbedienza, e li fece arbitri dei proprii destini. L’Europa ed i vostri popoli vi terranno conto del sublime sagrifizio; e Voi potrete, o Sire, levare confidente la fronte a Dio, che premierà l’atto magnanimo della M. V. Ritemprato nella sventura il vostro cuore, esso si aprirà alle nobili aspirazioni della Patria, e Voi benedirete il giorno in cui generosamente vi sacrificaste alla grandezza d’Italia.

Compio, o Sire, con queste parole il sacro mandato, che la mia esperienza m’impone; e prego Iddio che possa illuminarvi, e farvi meritevole delle sue benedizioni.

Di V. M.

Napoli 21 agosto 1860

Affezionatissimo zio
Leopoldo conte di Siracusa.